STORIA DI UN BONSAI – RECENSIONE

“Storia di un bonsai. Se lo pensi lo puoi fare” è l’opera di esordio di Angelo Mazzeo, edita da Capponi Editore.

Si tratta di un libro a metà strada tra un romanzo di formazione ed un saggio motivazionale. È scritto in modo chiaro e diretto ed alterna momenti più leggeri ad altri maggiormente riflessivi.

La narrazione inizia in chiave autobiografica, ma l’esperienza di vita dell’autore assume via via un respiro sempre più ampio, diventando lo spunto per raccontare un spaccato della recente storia italiana.  

IL TITOLO

Il titolo “Storia di un bonsai” è autoironico.

Angelo Mazzeo racconta come, soprattutto in certo frangente della sua vita, la sua statura non particolarmente elevata sia stata un vero cruccio. Fonte di non poche preoccupazioni. A distanza di anni, invece, riguardando al passato con maggiore serenità, ha deciso che fosse giunto il momento di chiudere definitivamente quel capitolo della sua vita, e lo ha fatto con lo strumento dell’autoironia.

Dunque il bonsai è diventato il simbolo stesso dell’autore, proprio come mostra l’immagine di copertina.

Il sottotitolo, invece, riassume il forte messaggio motivazionale che pervade l’intera narrazione.

Tutti ce la possono fare! Non è necessario nascere nella ricchezza per vivere una vita piena ed appagante. Anche chi nasce e cresce in condizioni sociali ed economiche svantaggiate può raggiungere obiettivi importanti e vedere realizzate le proprie ambizioni. L’importante è non piangersi addosso per la propria sfortuna, ma assumersi la responsabilità del proprio futuro e della propria felicità. Non c’è niente di prestabilito, ogn’uno è artefice del proprio destino.

STORIA DI UN BONSAI: STORIA DI UN RISCATTO SOCIALE

Il libro è soprattutto la storia di un riscatto sociale.

L’autore racconta le tappe più significative della sua esperienza personale attraverso i vari capitoli: dall’infanzia alla conversione religiosa, dalle battaglie sociali alla rivalsa finale.

In questo cammino esistenziale emergono due cose fondamentali: la cultura ed il bene che si fa agli altri.

«[…] Ho sempre creduto che studiare, imparare, mi avrebbe permesso di realizzare i mei sogni. Ho sempre creduto che la cultura mi avrebbe reso libero, indipendente, affrancato da tutto e da tutti».

Angelo Mazzeo

La cultura, dunque, appare come la chiave di volta. Ciò che veramente consente di emanciparsi da un destino che sembra già scritto e di mettersi al servizio degli altri, degli ultimi, come racconta l’autore attraverso la personale esperienza con il progetto “Avvocato di Strada”.

Il che consente di collegarsi all’altro elemento giudicato fondamentale da Mazzeo, ovvero il bene che si fa agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio.

L’autore, infatti, racconta della sua costante e infruttuosa ricerca della felicità, dal frenetico rincorrere cose e affetti e del vuoto interiore che ne derivava. La svolta, nella sua esperienza personale, è arrivata quando ha cambiato prospettiva, smettendo di vivere proiettato su sé stesso ed iniziando a coltivare il piacere del dare piuttosto che del prendere.

Infine, è molto interessante l’inversione di prospettiva che si avverte nell’ultimo capitolo.

Angelo Mazzeo racconta come la propria rivalsa sociale abbia assunto dei connotati molto diversi rispetto a quelli a cui aveva pensato da ragazzo. Lui, figlio di operaio, quando si vede offrire un posto come dirigente in una multinazionale, anziché accettare subito, come probabilmente avrebbe fatto da giovane, rinuncia. Rinuncia per continuare a condurre una vita che ritiene più appagante, ma anche per essere finalmente libero. Libero dalla brama di successo e affermazione che lo aveva accompagnato in gioventù. E’ così che si compie pienamente la sua emancipazione ed il suo vero riscatto sociale.

A chi è rivolto il libro

“Storia di un bonsai” è un libro adatto a tutti. A coloro che vogliono approfondire alcuni temi sociali, politici ed economici del nostro recente passato, come il crac Parmalat, raccontato dalla prospettiva di chi ha lavorato direttamente alle indagini.  Ma anche a coloro che sono alla ricerca di nuove prospettive per il futuro o che abbiano bisogno di una scintilla di speranza, perché “se lo pensi lo puoi fare”.

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FOREST BATHING: COS’E’ E DOVE FARLO

Il forest bathing è una pratica di cui si parla sempre più spesso negli ultimi anni. È conosciuta anche con altri nomi come: nature therapy, forest therapy, Shinrin-Yoku o Sami Lok.

In questo articolo scopriremo cos’è il forest bathing e dove è possibile farlo in Italia.

Fonte: Pixabay

COS’È IL FOREST BATHING

Il forest bathing è una pratica che mira a migliorare il benessere fisico e mentale delle persone attraverso il contatto con la natura, in particolare con gli alberi e la vegetazione.

Avete presente quella sensazione di benessere e quiete interiore che vi pervade dopo una passeggiata nella natura? Il forest bathing, per farla semplice, è proprio questo!

Questa pratica è diventata sempre più popolare negli ultimi anni, soprattutto grazie a degli studi scientifici che ne confermano l’efficacia. Si, perché quella sensazione di benessere che si prova dopo essere stati a contatto con la natura, a quanto pare, non è solo una sensazione!

Fonte: Pixabay

LE ORIGINI

Il forest bathing è una pratica antichissima. Infatti da sempre l’uomo ha percepito come il contatto con la natura avesse dei riscontri positivi in termini di salute e benessere.

Ciro il Grande, nel VI secolo a.C., ordinò che a Babilonia venisse creato un giardino proprio per migliorare le condizioni di salute dei suoi abitanti. Nel XVI secolo, Paracelso scrisse: “l’arte della guarigione viene dalla natura, non dal medico”. In tempi più recenti, invece, Tomohide Akiyama, capo del Ministero giapponese dell’agricoltura, delle foreste e della pesca, coniò il temine Shinrin-yoku per incoraggiare più persone a visitare le foreste del paese. Era il 1982.

Quindi, anche se la pratica è di fatto antichissima, il concetto è stato sviluppato in Giappone negli anni 80 ed ha preso il nome di Shinrin-yoku, che significa “trarre giovamento dell’atmosfera della foresta”.

Da allora questa pratica si è imposta positivamente nella cultura giapponese, diventando una vera e propria iniziativa di politica sanitaria e sociale da parte del Governo, che spinge il più possibile i cittadini a dedicarsi al rilassamento in mezzo al verde per ridurre lo stress e migliorare la salute mentale.

“Shinrin-yoku” è stato tradotto in inglese con “Forest Bathing”, in italiano letteralmente “Bagno di Foresta”.

COME FARE IL BAGNO DI FORESTA

Iniziamo con una buona notizia: il bagno di foresta non richiede alcuna attrezzatura speciale e può essere praticato da chiunque. Ciò detto si deve considerare che si tratta di un’esperienza multisensoriale di consapevolezza e mindfulness. Non basta camminare tra gli alberi per farsi due foto e postare tutto sui social!

Innanzitutto per praticare il forest bathing occorre trovare un’area naturale, come un parco o un bosco. Dopo di che si cammina lentamente immergendosi consapevolmente in quel luogo, prendendosi il tempo di osservare la natura, ascoltarne i suoni e sentirne i profumi. 

È importante cercare di essere veramente presenti, evitando le distrazioni e concentrandosi sui propri sensi per entrare in contatto con sé stessi e con la foresta.

Fonte: Pixabay

PERCHÉ IL FOREST BATHING FA COSÌ BENE?

Stare a contatto con la natura è sicuramente una cosa molto piacevole, ma perchè il Forest Bathing fa così bene?

Il merito, a quanto pare è tutto dei monoterpeni. Senza addentrarci in complicate spiegazioni tecniche, i monoterpeni sono sostanze volatili che si trovano negli oli essenziali di moltissime piante. Quindi fare Forest Bathing è più o meno come fare una enorme sessione di aromaterapia naturale!

Medici e ricercatori della Nippon Medical School di Tokyo hanno scoperto che le emissioni di monoterpeni prodotti dagli oli essenziali di alberi come il pino, il cedro e l’eucalipto hanno effetti positivi sulla salute umana. Quindi il Forest Bathing, in quanto regolatore dell’attività metabolica e ormonale, porta benefici come:

  • Riduzione dello stress;
  • Miglioramento del sistema immunitario;
  • Riduzione della pressione sanguigna;
  • Miglioramento della concentrazione

Per stimolare la risposta immunitaria nel corpo, è necessario respirare una certa dose di monoterpeni per un periodo di almeno tre ore per tre giorni consecutivi.

Fonte: Pixabay

DOVE FARE IL BAGNO DI FORESTA IN ITALIA

Per fare un buon bagno di foresta servirebbe un bel bosco “maturo”, con alberi ben sviluppati e dalla grande chioma.

In particolare il faggio, il pino silvestre e l’abete rosso hanno un alto potere emissivo di monoterpeni.

Considerando queste caratteristiche, in Italia ci sono molte aree verdi che possono essere utilizzate per praticare il Forest Bathing, compresi parchi regionali, riserve naturali e aree protette.

Partendo dal Nord c’è il Parco del Respiro di Fai della Paganella in Trentino Alto Adige ed il Parco Naturale Lumina Milia in Friuli Venezia Giulia.

Al Centro ci sono: Parco Nazionale Foreste Casentinesi in Toscana, i Monti Sibillini tra Umbria e Marche ed il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

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Infine, al Sud c’è il Parco Nazionale della Sila in Calabria.

Per altre mete in cui praticare il forest bathing in Italia e nel mondo puoi cliccare qui!

Non c’è una stagione esatta per fare il bagno di foresta, tuttavia sarebbe meglio evitare tutti quei periodi dell’anno in cui c’è molta folla in giro (come luglio e agosto, o in generale ponti e festività), perché questo potrebbe essere fonte di disturbo per le pratiche di forest bathing.

Sostenibilità. Riduci. Riusa. Ricicla

Sostenibilità. Negli ultimi tempi questa parola è sempre più usata. Se ne parla sotto il profilo ambientale, economico e sociale.

Ma cosa significa veramente? E come si deve fare per avere comportamenti più sostenibili nella vita quotidiana?

In questo articolo vedremo cosa fare, concretamente, per vivere in modo più sostenibile partendo da alcuni concetti di base. Chiaramente l’argomento è estremamente ampio e complesso e sarebbero necessari degli esperti per sviscerarne gli aspetti più complessi, sia sotto il profilo ambientale, che sotto quello economico e sociale. Noi ci limiteremo ad alcune considerazioni che possono rivelarsi utili nel quotidiano!

Sostenibilità: definizione

Sostenibilità: “Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.”

Questa è la definizione di sostenibilità secondo l’enciclopedia Treccani.

In pratica la sostenibilità è una sorta di equilibrio. Consiste nel trovare un modo che consenta alla generazione presente di svilupparsi e progredire, senza che questo impedisca alle generazioni future di fare lo stesso.

Fonte: Pixabay

Cosa emerge da questa definizione?

Innanzitutto il riferimento al futuro. Le scelte che facciamo oggi avranno ripercussioni sulle generazioni future. Avere a cuore la sostenibilità significa, quindi, investire sul futuro.

Altro concetto fondamentale è quello dello sviluppo. Lo sviluppo sostenibile consente di vivere in armonia con la natura. Questa non è più sfruttata, ma usata saggiamente affinché possa continuare a sostenerci nel tempo.

Le basi della sostenibilità

I concetti di base su cui si fonda una vita più sostenibile sono: riduci, riusa e consuma.

Riduci

La società consumistica in cui siamo immersi veicola da decenni il messaggio che avere tanto è bello. Il possesso degli oggetti è spesso legato all’accettazione sociale e non ad un reale bisogno. Si acquista qualcosa non perché ci serve, ma perché ci fa sentire persone di successo oppure parte di un gruppo.

Il risultato? Molto spesso tutti questi oggetti non solo non apportano nessun miglioramento alla nostra vita, ma diventano anche dei pesi. Cose in più da gestire, a cui trovare un posto, oppure da far riparare in caso di guasto.

È proprio qui che ci viene in soccorso il concetto di ridurre, perché spesso il problema non sono le cose in sé, ma il loro eccesso.

Il minimalismo può essere la soluzione. Uno stile di vita incentrato sull’essenziale. Vivere in modo minimalista non significa avere una casa vuota o fare tante rinunce, significa capire cosa è importante per noi, cosa apporta valore alla nostra vita e concentrarsi solo su quello, lasciando andare tutto il resto.

Se sei interessato al tema del minimalismo ecco alcuni articoli che potresti leggere:

Fonte: Pixabay

Riusa

Con il benessere economico che ha fatto seguito al secondo dopoguerra, si è sviluppata la mentalità dell’usa e getta. Grande complice di questa mentalità è stata l’invenzione della plastica e dei primi oggetti monouso, come bottigliette, bicchieri, eccetera. Se fino a pochi anni prima si tendeva a riparare e far durare le cose, nell’arco di pochissimo tempo ha prevalso il “se si rompe buttalo via e comprane un altro!”.

Questo nuovo tipo di mentalità si è imposta alla velocità della luce per una serie di motivi. Buttare e ricomprare spesso è più economico rispetto al far riparare qualcosa. Inoltre è molto più rapido. Non si deve star lì a capire come sarebbe possibile aggiustare quell’oggetto e chi contattare per farlo. Riparare richiede impegno, buttare via è molto più immediato.

La mentalità dell’usa e getta è stata la principale causa dell’accumulo di rifiuti nell’ambiente. Oggi, fortunatamente, c’è molta più consapevolezza e sensibilità rispetto a queste tematiche. L’esempio più immediato sono le borracce: fino ad una decina di anni fa a nessuno sarebbe venuto in mente di uscire con una borraccia, oggi invece è diventata una cosa normalissima. Spesso avere una vita più sostenibile è molto più semplice di quanto si possa immaginare!

Ricicla

Il concetto di riciclo può sembrare molto simile a quello del riuso, ma c’è una differenza.  Riusare significa usare di nuovo un oggetto per svolgere sempre la stessa funzione. La lavatrice rotta e poi riparata continuerà a servire sempre per lavare il bucato. Riciclare, invece, significa partire da un’oggetto e trasformarlo in qualcosa di diverso. Spesso si parla anche di “arte” del riciclo proprio perché riciclare è un’attività creativa e fantasiosa.

Ovviamente il riciclo può avvenire a livelli molto differenti. Un conto è usare un vecchio lenzuolo per farne dei panni per pulire, un conto è realizzare maglie di pile partendo dalle bottiglie di plastica!

Sostenibilità: conclusioni

In conclusione, per cercare di avere uno stile di vita che sia il più sostenibile possibile ci possono venire in soccorso i tre concetti del riduci, riusa e ricicla. Di fronte ad ogni situazione che può verificarsi nella nostra quotidianità dovremmo sempre chiederci:

Mi serve veramente? Ne ho bisogno?

RIDUCI. Usa le risorse a tua disposizione per circondandoti solo di ciò che ti serve davvero.

Posso usare qualcosa che possiedo già?

RIUSA. Scegli oggetti riutilizzabili, che puoi comprare una volta e usare per anni.

Posso trasformare questo oggetto in qualcos’altro?

RICICLA. Usa la tua creatività e, se è possibile, cerca di dare nuova vita ad un vecchio oggetto.

IKIGAI: IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Ikigai è una parola giapponese che non ha un vero e proprio corrispettivo né in italiano, né in altre lingue.

Indica una vita ricca di significato, vissuta con pienezza e consapevolezza.

Le persone che conoscono il proprio ikigai si sentono appagate, hanno un buon motivo per alzarsi la mattina e per affrontare le sfide della quotidianità, oltre a godere, in generale, di una più alta prospettiva vita.  

SIGNIFICATO E ORIGINE DELL’IKIGAI

In giapponese Ikigai si scrive così: 生き甲斐

Il termine “iki” significa vita, mentre “gai” vuol dire senso, scopo, valore. Quindi potremmo tradurre letteralmente con “il senso della vita”.

In sostanza il termine ikigai si riferisce allo stato d’animo di una persona che conosce il significato della propria vita, che prova sentimenti di soddisfazione ed appagamento interiore. Una persona entusiasta, motivata e dotata di grande energia.

Secondo la filosofia tradizionale giapponese, ognuno ha il proprio Ikigai. Basta solo trovarlo e seguirlo per essere felici.

Questo concetto si pone come un’evoluzione dei principi di base della salute e del benessere della medicina tradizionale giapponese. Secondo quest’ultima, infatti, il benessere fisico è influenzato dalla salute mentale ed emotiva, nonché dall’avere uno scopo nella vita.

La psicologa giapponese Michiko Kumano, nel 2017, ha affermato che l’ikigai è “uno stato di benessere che nasce dalla devozione alle attività di cui si gode, che porta anche un senso di appagamento”. Michiko ha accomunato l’ikigai al concetto greco di eudaimonia, ossia una vita ben vissuta, che conduce alla forma di felicità più alta e duratura, molto diversa dal piacere fugace tipico dell’edonia.

Ken Mogi, il neuroscienziato autore di Awakening your Ikigai, afferma che l’ikigai è un concetto antico e familiare per i giapponesi, che può essere tradotto semplicemente come “un motivo per alzarsi la mattina” o, più poeticamente, come “svegliarsi alla gioia”.

In effetti, anche senza essere degli studiosi della mente umana, appare chiaro che le persone che non sanno quale sia il loro scopo e non avvertono un significato profondo nelle loro vite, vivono con meno energia ed entusiasmo di chi sa quali obiettivi vuole raggiungere ed ogni giorno vi si dedica con gioia.

IL CASO DI OKINAWA

Okinawa è una delle isole Ryukyu, si trova nell’arcipelago giapponese che separa l’Oceano Pacifico dal Mar Cinese Orientale.

Fonte: Pixabay

E’ un piccolo paradiso noto come “l’isola dei centenari”. Ad Okinawa, infatti, non solo si trova una delle più elevate concentrazioni di centenari al mondo, ma l’isola ha anche l’invidiabile primato di vantare una popolazione eccezionalmente vitale ed in buona salute. Gli anziani di Okinawa non sono dei vecchietti sopraffatti dal peso degli anni, ma delle persone attive e vitali.

Okinawa è anche il primo esempio a cui si pensa quando si parla delle zone del mondo in cui l’ikigai è più intenso.

Lo studioso statunitense Dan Buettner, nel suo libro Lezioni di lunga vita. Le zone blu. I segreti delle popolazioni ultracentenarie, mette a confronto 5 aree del mondo (tra cui l’isola di Okinawa e la nostra Barbagia),  in cui la popolazione appare più longeva ed in buona salute rispetto alla media.

Il suo studio ha rilevato che alla base del segreto della longevità e della qualità della vita degli abitanti di queste aree ci sono elementi quali: la dieta, l’attività fisica, le relazioni sociali, la gestione dello stress e lo scopo vitale… l’ikigai, appunto!

COME TROVARE IL PROPRIO IKIGAI

Innanzi tutto l’ikigai è una cosa che abbiamo tutti, anche chi non l’ha ancora trovato.

Una volta scoperto, l’ikigai, funziona come una bussola che ci dirige verso le cose per le quali proviamo un sincero interesse, che ci rispecchiano e rispondono ai nostri bisogni. Inoltre, poiché siamo tutti in continua evoluzione, anche il nostro ikigai può cambiare nel corso del tempo. Cose che in una certa fase della vita sembravano molto importanti possono perdere di significato con il passare degli anni. È normale.

Semplificando si può dire che il nostro personale ikigai si basa su 4 grandi aree tematiche:

  • Le cose che amiamo fare;
  • I nostri punti di forza, ciò che siamo bravi a fare;
  • Ciò di cui il mondo ha bisogno;
  • Le cose per cui veniamo remunerati o potremmo esserlo
Fonte: Pixabay

Il classico schema per individuare l’ikigai è composto da 4 cerchi che si intersecano. Ognuno corrisponde ad una di queste aree tematiche e va compilato in base alle proprie preferenze.

All’incrocio tra ciò che si ama e ciò in cui si è bravi ci sono le proprie passioni.  Nella zona di intersezione tra ciò che si ama e ciò di cui il mondo ha bisogno c’è la propria missione.

All’incrocio tra ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui si può essere pagati c’è la propria vocazione. E all’incrocio tra ciò in cui si è bravi e ciò per cui si può esser pagati c’è la propria professione.

La parte centrale, in cui tutti i cerchi s’intersecano, è la più importante. Quella che indica il proprio ikigai.

Tuttavia l’ikigai è un concetto molto profondo, difficilmente riconducibile ad un test o ad uno schema. Alcune volte abbraccia tutte le aree tematiche, altre volte no.

Per esempio, per un artista che ha trovato il proprio ikigai nella pittura, entrano in gioco tutti e quattro i livelli. Per lui la pittura è qualcosa che ama fare, ma anche qualcosa che è bravo a fare, con cui contribuisce a rendere il mondo un luogo più bello, e per cui potrebbe ricevere un compenso.

Questo però non significa che l’ikigai appartiene solo a coloro che hanno un’unica grande passione, come l’artista che è riuscito a fare della pittura il suo mestiere. Spesso l’ikigai è qualcosa di più piccolo e meno appariscente, qualcosa a cui – erroneamente! – non si da troppa importanza. L’ikigai di una persona potrebbe essere quello di aiutare un amico, imparare una lingua straniera, leggere libri per immergersi in realtà sconosciute…l’ikigai può essere qualsiasi cosa, dai grandi progetti alle piccole cose della quotidianità.  

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COME FARE DECLUTTERING

Con la primavera ormai alle porte, è il momento giusto per fare decluttering ed affrontare la nuova stagione con più leggerezza.

Il decluttering è una pratica che consiste nel liberarsi del superfluo. Il termine inglese clutter significa confusione/disordine, mentre de è una particella privativa. Quindi si tratta letteralmente di eliminare il disordine e rendere i nostri spazi puliti, liberi ed organizzati.

Il decluttering, tuttavia, non si riduce alla semplice eliminazione degli oggetti superflui, ma è una vera e propria filosofia di vita orientata all’essenziale. Infatti eliminare ciò che non serve sembra che produca un reale beneficio anche a livello interiore. E’ un modo per vivere nel presente e liberarsi del passato.

Lessi s more. Possedere meno per vivere meglio.

Tutti bei concetti, eticamente ineccepibili, la messa in pratica è un’altra cosa.

Vediamo quindi alcuni consigli pratici su come iniziare a fare decluttering.

TECNICHE DI DECLUTTERING

Esistono migliaia di libri, di articoli e di video dedicati a questo tema. Alcuni sono famosissimi come “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo , altri davvero originali.

Ecco alcune delle tecniche di decluttering più diffuse:

  • Tecnica dei 5 minuti: consiste nel dedicarsi al decluttering ogni giorno per 5 minuti;
  • Un oggetto al giorno: prevede di liberarsi di una cosa ogni giorno;
  • Schema 12-12-12: consiste nello stilare una lista con 12 cose da buttare, 12 da donare e 12 da restituire ai legittimi proprietari;
  • Tecnica delle quattro scatole: si tratta di dividere gli oggetti in 4 categorie ognuna delle quali è rappresenta da una scatola: da buttare, da donare, da tenere e da riciclare.

Tutte queste tecniche hanno in comune una cosa: servono a rendere meno spaventoso il compito di ripulire e disfarsi del superfluo. Ovviamente non esiste una regola magica che vada bene per tutti, ogni caso è a se e possono esserci infinite variabili.

Tuttavia è sempre utile suddividere un grande obiettivo in tanti piccoli step. Se decidiamo di declutterare contemporaneamente tutta la casa l’operazione potrebbe sembrarci tanto immane da indurci a desistere senza neanche averci provato. Se invece creiamo degli step tutto si semplifica.

Per esempio si potrebbe iniziare il declutterig dalla macro-categoria “abbigliamento”, per poi suddividerla in micro-categorie come: “maglie”, “pantaloni”… In questo modo ci troveremmo a dover affrontare un solo passo alla volta e tutto sembrerà più semplice. Eliminare le maglie che non ci servono più è molto meno “spaventoso” rispetto al dover eliminare tutti gli oggetti superflui della nostra casa!  

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CONSIGLI PRATICI

Innanzitutto, prima di mettersi all’opera, è bene sapere che il decluttering è un lavoro che richiede tempo (probabilmente di quanto ci si aspetterebbe!) e comporta un certo coinvolgimento emotivo, soprattutto quando si tratta di liberarsi di cose che sono anche “ricordi”. Quindi è meglio iniziare quando si ne ha tempo e anche la giusta predisposizione mentale.

Il vero segreto del decluttering è l’equilibrio.

Da una parte non bisogna lasciarsi sopraffare dall’idea di star buttando soldi dalla finestra.

Liberarsi di oggetti, casomai anche nuovi e costosi, potrebbe sembrare uno spreco, ma la soluzione non è continuare ad avere la casa piena di cose che non ci servono solo perché le abbiamo pagate molto. Semmai dovremmo considerare quel denaro come un investimento che ci ha reso veramente consapevoli di quello che ci serve oppure no!

Dall’altra parte, però, non si deve neanche esagerare buttando via tutto!

E’ facile cadere nella trappola del “butto tutto” perché è vecchio e non mi piace più. La cosa più saggia è tenere, almeno per qualche tempo, almeno un paio di cose per tipologia in modo da capire con calma se possono essere sostituite, riparate o riciclate in qualche modo.

IL DECLUTTERING IN 5 PASSI

Il primo passo del decluttering è il “fuori tutto”.

Consiste nel tirare letteralmente tutto fuori dal cassetto, dall’armadio o da qualsiasi altra zona che si vuole ripulire. Gli oggetti dovranno essere disposti su una superficie (tavolo, letto, ecc.) in modo ben visibile. Questo è fondamentale per capire quante cose realmente abbiamo, poiché solo vedendo questi oggetti fuori dal loro posto abituale potremo prendere veramente coscienza della loro quantità! E’ incredibile, per esempio, come i vestiti, una volta tolti dall’armadio, non sembrino più così pochi come sembravano quando erano appesi!

Il secondo passo è pulire il “contenitore” (cassetto, armadio, ecc.) che è stato appena svuotato.

Il terzo passo consiste nel suddividere tutti gli oggetti in categorie. Le più comuni sono “da tenere” e “da togliere”. Ovviamente le categorie possono essere molte di più, dipende dalle varie esigenze.

Questa è la fase più lunga e delicata. Le cose che si decide di togliere dovrebbero essere direttamente accantonate in una busta o in uno scatolone, in modo da eliminare subito anche la confusione. Le cose da tenere, invece, sarebbe meglio averle sempre davanti agli occhi: sia per evitare doppioni, sia perché serviranno per il passo successivo.

Il quarto passo, infatti, è la riorganizzazione degli spazi. Non si tratta semplicemente di rimettere nel cassetto le magliette che sono “sopravvissute” al decluttering, si tratta invece di capire come è meglio organizzare quello spazio e se c’era qualcosa che non ha funzionato nel precedente sistema organizzativo. In caso di dubbio si dovrebbe scegliere sempre la semplicità. I social sono invasi da immagini di case con tanti bei contenitori colorati in cui riporre gli oggetti accuratamente suddivisi, ma la vita di tutti i giorni è diversa. Quindi l’organizzazione dovrebbe essere semplice e funzionale, non Instagrammabile!

Il quinto ed ultimo passo è il mantenimento.

Il decluttering è completamente inutile se ci si trova a dover rifare tutto dopo poco tempo.

Secondo Marie Kondo il decluttering è un’operazione che, nella sua accezione più radicale, andrebbe fatta una sola volta nella vita.

E’ chiaro che in questo caso si sta parlando di un mega decluttering.

Altri, di portata notevolmente più ridotta, possono essere fatti anche un paio di volte l’anno, per esempio approfittando  dei cambi di stagione. Tuttavia il vero segreto del decluttering è l’approccio mentale ed emotivo. E’ del tutto inutile liberarsi dell’eccesso per poi lanciarsi in uno shopping sfrenato solo per riempire lo spazio che si è liberato.

Lessi s more deve diventare innanzitutto una filosofia di vita.

Le superfici che non sono più coperte da oggetti non sono vuote, ma libere!

Il nostro valore non dipende dai capi firmati nel nostro armadio, ma dalle nostre qualità umane e personali.

COSA FARE CON “I RICORDI”

Fonte: Unsplash

Il decluttering è spesso accompagnato dalla brutta nomea di voler far si che le persone gettino via i propri oggetti cari.

Non è assolutamente così!

E’ normale avere in casa oggetti a cui siamo affezionati, che hanno una “storia” e suscitano in noi un forte attaccamento emotivo. Va benissimo voler conservare il primo vestitino del proprio figlio, il souvenir del viaggio di nozze o la sciarpa fatti ai ferri dalla nonna.

Però c’è da stare attenti quando questo attaccamento diventa irragionevole e fuori controllo tanto da vivere in una specie di “museo dei ricordi” dove gli oggetti veramente utili sono sepolti sotto cataste di cose che non servono ma “le conservo per ricordo”.

Un modo pratico e rispettoso di conservare questo genere di oggetti potrebbe essere quello della “scatola dei ricordi”. Così si va sia ad ovviare al problema degli armadi e dei cassetti stipati, sia a dividere questo tipo di oggetti da quelli di uso quotidiano. Avere uno spazio apposito per i ricordi fa sì che, quando ci si vorrà concedere un tuffo nel passato, sarà di più facile trovare una determinata cosa.

DECLUTTERING E POI…

Terminato il decluttering ci saranno tanti oggetti da togliere.

Queste cose andranno ulteriormente suddivise perché limitarsi a buttare tutto in blocco sarebbe una scelta poco etica e poco sostenibile.

Si tratta di capire cosa può essere donato, cosa può essere venduto e cosa debba essere effettivamente buttato.

Se non si hanno amici o parenti a cui donare le cose che abbiamo declutterato, si possono trovare facilmente associazioni benefiche che saranno molto liete di ricevere quegli oggetti!

Fonte: Pixabay

Se, invece, si vuole vendere qualcosa c’è solo l’imbarazzo della scelta! Ci sono App, mercatini e negozi fisici che aiutano a dare una seconda vita agli oggetti che a noi non servono più!

Se ti piacciono i temi del minimalismo, della crescita personale e della consapevolezza puoi leggere anche:

TURISMO SOSTENIBILE NEL 2022

Il turismo sostenibile è una tendenza in costante crescita, soprattutto grazie alla sempre maggiore sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali.

Booking ha dedicato un sondaggio proprio a questo tema.

I risultati, basati sulle opinioni di più di 30 mila turisti sparsi in 32 paesi, sono stati pubblicati ad aprile di quest’anno e, tra le altre cose, è emerso un dato molto positivo per la popolazione italiana, ovvero che “per l’93% degli italiani intervistati è importante viaggiare in modo sostenibile e il 60% dice di essere influenzato dalle recenti notizie sui cambiamenti climatici nello scegliere viaggi più sostenibili”.

Nel report sono anche riportati dati circa:

  • la scelta del soggiorno – dal sondaggio è risultato che ”il 78% dei viaggiatori globali e l’85% degli italiani dichiara di desiderare di soggiornare in una struttura sostenibile”;
  • le mete ed i periodi alternativi per viaggiare (predilezione per i viaggi in bassa stagione e le mete turistiche meno note);
  • la volontà di immergersi nella cultura locale scoprendone usanze ed abitudini;
  • la crescente attenzione all’utilizzo di mezzi di trasporto meno inquinanti e alla riduzione delle distanze percorse, prediligendo il turismo di prossimità.

TURISMO SOSTENIBILE: DOVE SOGGIORNARE

Continua a cresce la consapevolezza dell’esistenza dei soggiorni sostenibili e la loro visibilità è in aumento. Il 40% dei viaggiatori globali conferma di aver visto almeno un alloggio sostenibile su un sito di viaggi online durante lo scorso anno, mentre il 38% dice di cercare proattivamente le informazioni sugli impegni per la sostenibilità attuati dalle strutture prima di prenotare.

METE E PERIODI ALTERNATIVI

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I viaggiatori concordano sul voler evitare le mete più popolari e visitate: negli ultimi 12 mesi un terzo (33%) dice di aver scelto di viaggiare in bassa stagione, mentre più di un quarto (27%) ha scelto mete meno note per evitare il turismo di massa.

A tal proposito, pensando ai viaggi futuri, il 40% degli intervistati ha dichiarato che viaggerebbe esclusivamente in bassa stagione per evitare periodi troppo affollati e il 64% eviterebbe le mete e le attrazioni più popolari, così da garantire una redistribuzione più equa dell’impatto positivo del proprio viaggio. Circa un terzo (31%) sceglierebbe addirittura una meta alternativa rispetto alla sua preferita, per scongiurare il turismo di massa.

TURISMO SOSTENIBILE: CULTURA E COMUNITÀ LOCALI

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Una filosofia rigenerativa sta influenzando il processo decisionale dei viaggiatori: più della metà intende lasciare i posti visitati in una condizione migliore di quella in cui li hanno trovati; i due terzi vogliono vivere esperienze rappresentative della cultura locale. Infatti, più di un quarto dei viaggiatori intervistati (27%) dice di aver approfondito la cultura, i valori e le tradizioni locali della meta scelta prima di averla visitata, mentre una persona su quattro (25%) sarebbe disposta a pagare di più per le attività da fare in viaggio per contribuire alle comunità locali.

IL PUNTO DI SVOLTA PER I TRASPORTI

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A livello globale, i viaggiatori sono attenti alla distanza percorsa, a come raggiungono la meta scelta e a come si muovono una volta a destinazione. Circa un quarto (23%) sceglie infatti di visitare una meta più vicina a casa per ridurre la propria impronta di carbonio e oltre una persona su cinque (22%) fa ricerche sui mezzi pubblici e/o noleggia una bici una volta arrivato a destinazione. Inoltre, una persona su cinque (20%) sceglie il treno rispetto all’auto per percorrere distanze più lunghe e poco meno di un terzo (30%) dice di vergognarsi a prendere l’aereo per il relativo impatto ambientale. Per quanto riguarda la prenotazione dei trasporti, il 40% cerca attivamente informazioni sulla loro sostenibilità.

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LA PROFEZIA DI CELESTINO

CRESCITA PERSONALE E CONSIGLI DI LETTURA – LA PROFEZIA DI CELESTINO

Districarsi tra le migliaia di libri dedicati alla crescita personale non è facile; del resto si tratta di un argomento estremante vasto e, dunque, affrontabile partendo da tantissime diverse prospettive!

In ogni caso, consultando le infinite liste di libri che si trovano sul web – spesso accompagnate da titoli roboanti tipo “I 10 libri di crescita personale che ti cambieranno la vita”-, non mi è mai capitato di trovarne una che includesse anche La profezia di Celestino.

Ok! Non sarà un tipico libro di crescita personale, ma affronta molte delle tematiche preferite dai “grandi classici” di questo settore.

Per esempio l’importanza di vivere il presente, che è l’argomento portante de Il potere di adesso di Eckhart Tolle, ma anche il rapporto che c’è tra l’energia dell’uomo e quella dell’universo, affrontato da Esther e Jerry Hicks nella serie di libri dedicati alla Legge dell’attrazione.  

LA TRAMA

La profezia di Celestino è un romanzo pubblicato nel 1993 dallo scrittore statunitense James Redfield.

La vicenda narrata ruota attorno ad un antico manoscritto ritrovato in Perù.

Il Governo e la Chiesa peruviani cercano in tutti i modi di distruggerlo e perseguitano coloro che ne sono in possesso.

Questo atteggiamento ostile da parte delle autorità è dovuto al fatto che il manoscritto contiene 9 rivelazioni (chiamate chiavi o illuminazioni) che sarebbero in grado di offrire una nuova interpretazione l’esistenza, in grado di mettere in discussione sia il potere civile che quello religioso.

Uno psicologo americano viene coinvolto nell’avventurosa ricerca del testo completo delle 9 illuminazioni che così vengono via via svelate al lettore.

LA PROFEZIA DI CELESTINO E LE  9 ILLUMINAZIONI

1. Le coincidenze

La prima illuminazione insegna a prendere seriamente le coincidenze che si verificano nella nostra vita, non limitandosi a considerale dei meri casi fortuiti!

Sono proprio le coincidenze, infatti, che rivelano l’esistenza di una realtà che va oltre il mondo fisico.

2. Un presente più esteso

Questa illuminazione introduce una particolare filosofia della storia.

Fino al Medio Evo il mondo fu dominato dalla Chiesa. Nel Rinascimento, però, gli uomini iniziarono ad emanciparsi e si ritrovarono improvvisamente a mettere in discussione un sistema di valori che durava da secoli. Allora l’umanità, sentendosi sperduta e priva di punti di riferimento, inviò degli “esploratori” con il compito di trovare un nuovo sistema di valori che potesse sostituire il vecchio.

Poiché il compito loro affidato era troppo arduo, gli esploratori tardarono a portare dei risultati soddisfacenti inducendo l’umanità a “distrarsi” concentrandosi su come fare per condurre una vita migliore.

Arrivò così lo sviluppo della scienza, della medicina e della tecnologia.

Quindi, con una visione del “presente più esteso”, si può dire che la stessa umanità che decise di ingannare l’attesa del ritorno degli esploratori dedicandosi a migliorare le proprie condizioni di vita, ormai giunta nel XX secolo, ha portato a termine questo obiettivo e dunque non ha più scuse per distrarsi dalla propria ricerca spirituale.

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3. L’energia

La terza illuminazione spiega che tutto (uomini, piante, animali) è colmo di energia e che è possibile imparare ad usarla con consapevolezza. L’universo stesso, infatti, è energia pura e gli uomini, con i loro pensieri e le loro speranze, possono influenzarla.

4. La lotta per il potere

Secondo la quarta illuminazione l’umanità fa un cattivo uso dell’energia: uomini e donne cercano di rubarsela a vicenda spinti da un irrefrenabile desiderio di potere e controllo.

La capacità di osservare questo fenomeno e di prenderne coscienza riporta nella giusta direzione, la via del potenziamento dell’energia e dell’amore.

5. La vera fonte dell’energia

Questa illuminazione insegna che tutte le lotte per il potere sono inutili perché, anziché di cercare di rubare l’energia ai loro simili, gli uomini possono imparare ad attingerla da una fonte comune e superiore attraverso esperienze mistiche.

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In sostanza quando si impara ad entrare in contatto con il divino che è in noi i conflitti, le incertezze e la violenza scompaiono per lasciare posto all’amore ed alla verità.

6. Comprendere il passato

Comprendere il passato, diventare consapevoli di come ci abbiano influenzato i vari tipi di persone con cui ci siamo relazionati a partire dall’infanzia, ci consente di fare chiarezza in noi stessi. Di capire quali sono le lezioni che abbiamo imparato, qual è la nostra missione di vita e quali sono i talenti ed i doni che possiamo mettere a disposizione di noi stessi e degli altri.

7. Lasciarsi andare al flusso della vita

Conoscere e vivere la nostra missione di vita ci conduce a vivere intensamente segni e coincidenze.

Possiamo imparare a porre le giuste domande per ottenere le giuste risposte attraverso l’analisi di sogni, fantasie ad occhi aperti ed intuizioni.

Tutte queste cose, infatti, ci indicano la strada che dobbiamo seguire, lasciandoci andare al flusso della vita.

8. L’etica interpersonale

Impostare correttamente le relazioni interpersonali serve ad evitare che gli altri – soprattutto i bambini! – sviluppino una forma di dipendenza da noi come unica fonte di energia.

Tutti, infatti, dovrebbero essere in grado di attingere energia autonomamente dall’universo.

9. La cultura emergente

L’ultima illuminazione è anche la più misteriosa.

Annuncia una nuova era di maggiore consapevolezza per tutta l’umanità che saprà vivere in unione ed armonia con l’intero universo.

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CONCLUSIONI

La profezia di Celestino è un romanzo figlio del suo tempo e quindi affronta molte delle tematiche proprie della filosofia New Age – che spopolava nella California dei primi anni ’90! – come: il mondo visto come energia, le vibrazioni, l’idealizzazione romantica delle culture pre-colombiane e la ricerca dell’armonia con la natura.

Dal punto di vista puramente letterario, invece, lo spunto narrativo è offerto da un misterioso manoscritto che la Chiesa cerca di distruggere. Si tratta di un topos già ampiamente collaudato e di sicuro successo… basta vedere Il nome della Rosa!

Inoltre il romanzo termina con un classico finale aperto che lascia spazio alla nascita di sequel che, infatti, sono puntualmente arrivati negli anni seguenti: La decima illuminazione, L’undicesima illuminazione (inizialmente pubblicata con il titolo Il segreto di Shambhala) e La dodicesima illuminazione.

Al di là di queste valutazioni “tecniche” resta, però, il fatto che si tratta di una lettura molto piacevole ed interessante, in grado di far riflettere ed aprire la mente.

Infatti, quello che nelle prime pagine si presenta come un viaggio fisico, si rivela, in realtà, un percorso spirituale che guida il lettore attraverso una nuova visione della vita, del rapporto con se stessi e con il resto del mondo.

SLOW LIFE: VIVERE CON LENTEZZA

La Slow life può essere definita come l’arte di vivere con lentezza.

Si tratta di uno stile di vita nato come evoluzione del movimento italiano Slow food che, a partire dagli anni ’80, ha promosso l’importanza di un’alimentazione sana e legata alla tradizione come antidoto al dilagare dei fast food.

Siamo immersi una società in cui tutto è veloce e fluido, in cui tutti sono costantemente presi dalle scadenze, dal rispetto degli orari, dagli impegni familiari e professionali. Sembra che manchi il tempo per fare tutto! Sempre proiettati nel futuro, sul prossimo obiettivo da raggiungere, sulla prossima cosa da depennare da un’infinita to do list!

Non c’è da sorprendersi quindi se le patologie legate allo stress sono sempre più diffuse. Viviamo gran parte del nostro tempo proiettati verso modelli di vita e di lavoro sempre meno umani, che puntano al risultato senza preoccuparsi – eticamente!- del processo che consente di arrivare a quel risultato.

Circondati come siamo da competitività ed aggressività, non ci resta che sopravvivere.

Una vacanza, una lezione di yoga o qualche tecnica di rilassamento possono aiutare, certo, ma comunque si tratta solo di rimedi, non di vere soluzioni. Quello che serve è un cambio radicale di prospettiva, un nuovo paradigma che consenta di affrontare tutto in modo diverso.

E’ qui che entra in gioco la filosofia Slow life.

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In sintesi si tratta di riprendere contatto con il presente, senza sentirsi costantemente proiettati nel futuro; riappropriarsi in modo consapevole della propria vita; darsi tempo; concedersi una passeggiata nella natura; mangiare sano; rivedere i propri ritmi di lavoro e le proprie scelte. E poi, ancora: darsi la possibilità di cambiare, di sperimentare strade nuove, eliminare il superfluo per dedicarsi a ciò che è veramente importante, consumare meno e meglio, tendere alla semplicità.

SLOW LIFE E SLOW TRAVEL

La filosofia “Slow” si adatta anche ai viaggi.

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Il viaggio lento è un cambio di mentalità rispetto alle idee tradizionali del turismo, basato sull’apertura a nuove esperienze che consentano un’immersione completa nel luogo in cui si va.

Viaggiare lentamente significare, per esempio, scegliere di affittare una casa anziché soggiornare in un hotel, in modo da poter mantenere i propri ritmi; esplorare l’ambiente circostante a piedi o in bici; guidare lungo strade secondarie invece di prendere l’autostrada; non cercare di “massimizzare” ogni ora del nostro tempo correndo da un posto da visitare all’altro, ma restare in un luogo abbastanza a lungo per conversare con qualcuno o fare acquisti al mercato locale.

Molto spesso tendiamo a concentrare il più possibile le cose da fare. Abbiamo un solo week-end per visitare una città? Allora dobbiamo sfruttare al massimo ogni momento. Dobbiamo assolutamente visitare 15 chiese e 10 musei al giorno. Inutile dire che di tutte quelle cose, una volta tornati a casa, ricorderemo poco o niente. Quello che resterà sarà solo la frustrazione di essere andati in un posto senza “esserci stati” veramente.

Diventare slow è un cammino. Un processo graduale, di crescita e trasformazione!

Ti lascio il link ad altri articoli che ho scritto su temi simili:

https://viaggiastorie.blog/2022/04/25/il-viaggio-come-strumento-di-crescita-personale/

https://viaggiastorie.blog/2022/03/28/minimalismo-in-viaggio-perche-e-bello-viaggiare-leggeri/

https://viaggiastorie.blog/2021/11/08/consigli-per-viaggiare-consapevolmente/

IL VIAGGIO COME CRESCITA PERSONALE

Esploriamo il rapporto tra i viaggi e la crescita personale!

Il viaggio è usato spesso come metafora della vita … e non è un caso.

Un viaggio è come il riassunto di una vita: ha un inizio ed una fine, e nel mezzo tutta una serie di opportunità da cogliere, difficoltà da affrontare ed emozioni da vivere.

Viaggiare, come anche vivere, significa cambiare, sperimentare, sentirsi spaesati, conoscere, diventare più consapevoli di se e del mondo che ci circonda.

Non mi è mai piaciuta la teoria del viaggio come fuga dalle difficoltà della vita quotidiana.  

Al contrario ho sempre sostenuto l’idea del viaggio come un utile strumento di crescita personale, perché a volte prendere le distanze e guardare la quotidianità da una diversa prospettiva può servire a chiarirsi le idee.

Se è vero che il viaggio ha già di per se stesso tutto il potenziale per essere un vero e proprio strumento di crescita personale, però è anche vero che – come avviene in ogni scelta e decisione – è necessaria la partecipazione attiva dell’individuo per far sì che questo potenziale si attivi e diventi un reale e concreto cambiamento.

IL VIAGGIO COME STRUMENTI DI CRESCITA PERSONALE: CONSIGLI UTILI

  • Fare a meno delle abitudini
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La nostra quotidianità  in genere è scandita da ritmi ed attività che si ripetono giorno dopo giorno, anche quando si conduce una vita dinamica e variegata.

Cambiare il panorama che si vede affacciandosi alla finestra, i rumori che si sentono al mattino appena svegli, il letto in cui si dorme, gli orari o i mezzi di trasporto può essere vissuto come un disagio poiché comporta la destabilizzazione di un equilibrio, ma è proprio la rottura delle abitudini ad aprire la porta al cambiamento.

  • Sperimentare nuovi sapori
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Ci sono persone che diffidano istintivamente dei cibi sconosciuti o degli accostamenti tra pietanze mai sperimentati prima.

Questo accade perché il cibo ed in generale le usanze a tavola rappresentano una forte fonte di identificazione. Qualcosa di profondamente radicato nella nostra identità culturale, che dunque ci da sicurezza.

E’ proprio per questo che un cambiamento può essere utile.

Una modifica, anche piccola, nelle nostre abitudini alimentari può trasformarsi in un arricchimento, un ampliamento di coscienza e conoscenza.

  • Conoscere la cultura e le persone del posto
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Tutti noi siamo soggetti, in varia misura, a condizionamenti culturali, sociali ed educativi a cui tentiamo di conformarci e che ci portano ad esclude altri modi di pensare, di agire e di vivere, influenzando le nostre convinzioni su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.

Viaggiando abbiamo la possibilità di entrare in contatto con culture completamente diverse dalla nostra, dove vigono regole e paradigmi differenti.

Cercare di conoscere e capire queste diversità può aiutarci ad allargare i nostri orizzonti ed arricchire il filtro attraverso cui vediamo il mondo.

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MINIMALISMO IN VIAGGIO

Minimalismo e viaggi: perché è bello viaggiare leggeri.

È passato qualche tempo da quando mi sono avvicinata ad uno stile di vita minimalista e al viaggiare minimal. Questo percorso è iniziato casualmente – ed in modo non del tutto consapevole! – quando ho iniziato a chiedermi se le cose che mi circondavano e che riempivano la mia casa e la mia vita mi rendevano davvero felice.

Ma andiamo con ordine.

Cos’è il minimalismo? Cosa significa vivere in modo minimalista? E cos’è il minimalismo in viaggio?

Quando si parla di minimalismo la prima cosa che mi viene in mente la parola semplicità.

I “primi minimalisti” furono degli artisti americani che durante gli Anni 60 provarono a rivoluzionare la pittura e l’architettura riducendola “al minimo”. Successivamente, agli inizi del Duemila, in Giappone, il minimalismo si è trasformato in un vero e proprio stile di vita.

Nagisa Tatsumi, educatrice e autrice giapponese, e la famosissima Marie Kondo sono state le principali divulgatrici di una filosofia basata sul riordino come modo per raggiungere il benessere mentale attraverso uno stile di vita più intenzionale e minimalista.

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Il minimalismo spesso nasce dalla volontà di semplificare la propria vita (o almeno così è stato per me!).

E’ una scelta che ha molte implicazioni a livello mentale ed emotivo. Aiuta ad individuare quali sono le cose (materiali ed immateriali) che contano davvero.

Trasferire questo stile di vita anche ai viaggi è solo una naturale conseguenza. Questo, però, non significa necessariamente viaggiare per il mondo con uno zainetto minuscolo, ma piuttosto iniziare a fare scelte più consapevoli.

Così ho deciso di raccogliere alcune idee sul viaggiare in modo minimalista, sperando di incuriosirti. Secondo me il minimalismo in viaggio – come nella vita!- non è sinonimo di “rinunciare”, quanto piuttosto di “aggiungere”. Aggiungere consapevolezza, semplicità, spazio e libertà.

Consigli utili

Iniziamo col fare i bagagli…

  • Il minimalismo parte dalla valigia
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Ho passato anni a preoccuparmi di aver portato tutto (da casa) e di non aver lasciato niente (in hotel).

Poi – finalmente! – ho capito che portare meno cose ha il potere di sgombrare la mente e liberarla da tante preoccupazioni.

Viaggiare con meno cose significa avere meno cose di cui preoccuparsi, ma soprattutto significa avere spazi “vuoti” per concentrarsi sul resto: luoghi, persone, odori, colori…

Questo è uno dei risvolti più belli del viaggiare leggeri!

  • Meglio poco, ma buono

Viaggiare minimal non significa essere sciatti o mal vestiti, ma portare solo quello che serve.

Hai presente quella mole di vestiti che hai pigiato in valigia perché “non si sa mai”, ma poi ritornano sempre a casa puliti? Ecco!… Loro non servono!

In pratica: essere minimalista mentre si prepara la valigia significa scegliere con logica i capi da portare in base alla propria meta, al tipo di viaggio, alla sua durata, ecc…

I capi di buona qualità ci accompagnano per anni, sia in viaggio che nella vita di tutti i giorni.

Il fast fashion, invece, dura poco prima di iniziare a deformarsi, stingersi e logorarsi. Quindi, come direbbe la nonna: “meglio poco, ma buono!”.

  • Minimalismo, sostenibilità e risparmio
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Il minimalismo in viaggio è anche sinonimo di sostenibilità e risparmio.

L’esempio perfetto di come questi temi siano legati tra loro sono i souvenir.

Il minimalismo, infatti, aiuta ad essere più intenzionali rispetto a ciò che si acquista.

Questo significa che:

1. non ti metterai ad accatastare souvenir (e i soldi risparmiati potrai sempre investirli in un altro viaggio!); 2. se proprio vorrai acquistare qualcosa, potrai sempre scegliere oggetti di artigianato locale o prodotti tipici (anziché qualche patacca made in china).

In questo modo il tuo acquisto non sarà solo il ricordo di un viaggio, ma anche un modo per dare il tuo contributo alla comunità locale, che ti ha accolto e ospitato!

Se poi eviti di farti dare una busta di plastica per ogni oggetto che compri, anche il pianeta ne sarà contento!

In sintesi viaggiare minimal è un po’ questo: tralasciare il superfluo ed entrare in sintonia con il vero significato del viaggio per esplorare il mondo, dentro e fuori di te.

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