Il museo nazionale del cinema di Torino si trova all’interno di uno dei simboli della città: la Mole Antonelliana.
Si tratta di uno spazio museale in continua evoluzione, in grado di coinvolgere, educare ed emozionare. Una meta imperdibile per tutti gli appassionati di cinema, ma anche per tutte le famiglie che cercano un’attività divertente ed insolita da condividere con i più piccini.
Il museo, infatti, consente di conoscere meglio il cinema, la sua storia e le sue origini attraverso percorsi a tema, visite animate e tante iniziative dedicate ai bambini.
LA MOLE
È il simbolo architettonico di Torino.
Non tutti sanno che, inizialmente, venne concepita per essere una Sinagoga e, solo in seguito, fu invece acquistata dal Comune per farne un monumento all’unità nazionale.
Il suo nome è legato sia alle sue notevoli dimensioni, che all’architetto la progettò: Alessandro Antonelli.
I lavori di costruzione iniziarono nel 1863 e terminarono nel 1889. All’epoca, con i suoi 167 metri e mezzo d’altezza, era l’edificio in muratura più alto d’Europa.
Nel 1961, in occasione delle celebrazioni per il Centenario dell’Unità d’Italia, venne inaugurato l’Ascensore panoramico che, successivamente ristrutturato, consente ancora oggi di salire fino al tempietto che si trova a 85 metri d’altezza ed ammirare la straordinaria vista sulla città e sull’arco alpino che le fa da cornice.
VISITARE IL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
I percorsi di visita del museo sono un susseguirsi di scenografie, proiezioni e giochi di luce. Si tratta di una delle più emozionanti esposizioni dedicate al cinema, capace di trasportare il visitatore letteralmente all’interno della magia di un film.
Si ha la possibilità di scoprire in prima persona quali sono i segreti nascosti dietro la macchina da presa e quali fasi precedono la proiezione del film. Tutto questo attraverso un itinerario che alterna storia ed interattività. Partendo dal teatro d’ombre e le prime affascinanti lanterne magiche, fino ad arrivare ai più spettacolari effetti speciali del cinema moderno ed alla realtà virtuale.
INFORMAZIONI UTILI
Il Museo Nazionale del Cinema si trova in Via Montebello n.20.
Il giorno di chiusura è in martedì.
Tutti gli altri giorni è aperto dalle 9:00 alle 19:00.
La Biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura. L’Ascensore effettua l’ultima discesa dal Tempietto 10 minuti prima della chiusura. La coda esterna può essere chiusa anticipatamente e senza preavviso per permetterne lo smaltimento entro l’orario di chiusura del Museo e dell’Ascensore panoramico.
Durante il weekend e nei giorni festivi è consigliabile organizzare anticipatamente la propria visita acquistando il biglietto online.
Il biglietto intero è di 12,00 Euro per il solo museo; di 9,00 Euro per il solo ascensore panoramico; e di 17,00 Euro per entrambi.
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I più sportivi possono anche salire a piedi sulla Cupola. Questo è consentito solo il Sabato, la Domenica ed i giorni festivi, a partire dalle 10:20.
La visita alla Cupola è sconsigliata ai visitatori affetti da difficoltà motorie, gravi difetti della vista o dell’udito. Inoltre, nei mesi più caldi, la salita alla cupola può essere sospesa per motivi di sicurezza.
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Uno splendido palazzo barocco nel centro di Torino ospita il Museo Egizio più antico del mondo.
È considerato il museo di antichità egizie più importante dopo quello del Cairo. Una destinazione da non perdere per conoscere una delle civiltà più affascinanti della Storia.
In questo articolo scopriremo le origini del museo, ma anche tante informazioni utili per organizzare la tua visita!
MUSEO EGIZIO DI TORINO: LE ORIGINI
Il legame tra Torino e l’Egitto risale a molti anni prima della fondazione del Museo, avvenuta nel 1824.
Era, infatti, il 1563 quando i Savoia spostarono la loro capitale da Chambery a Torino. Il clima del periodo spingeva i nobili a cercare nella religione e nella mitologia le proprie origini, nobilitando la fondazione delle loro capitali. Proprio in quel frangente Carlo Emanuele I acquistò una tavoletta bronzea nota come la Mensa isiaca.
La Mensa suscitò enorme interesse fra gli studiosi tanto che, verso la metà del XVIII secolo, fu inviata una spedizione in Egitto per scoprire qualcosa in più sulle sue origini.
Nel 1759 il professore Vitaliano Donati, botanico ed appassionato egittologo, fu incaricato di effettuare degli scavi in Egitto. Tutto il materiale rinvenuto- tra cui le grandi statue del faraone Ramses II e delle dee Sekhmet e Iside- fu inviato a Torino.
A seguito delle campagne napoleoniche, in tutta Europa scoppiò una vera e propria moda per il collezionismo di antichità egizie. Bernardino Drovetti, console generale di Francia durante l’occupazione in Egitto, collezionò in questo periodo più di 7000 pezzi tra statue, sarcofaghi, mummie, papiri, amuleti e monili vari. Drovetti, nel 1816, offrì alla Francia la sua collezione, ma in seguito al rifiuto del governo di Parigi, propose la stessa al re Carlo Felice che, invece, acquistò tutto per la cifra di 400.000 lire e, unendovi altri reperti di antichità classiche di Casa Savoia, diede vita al primo Museo Egizio del mondo.
IL MUSEO OGGI
Il museo è dedicato esclusivamente all’arte ed alla civiltà egizia. Al suo interno si possono trovare gruppi statuari, mummie, papiri, arredi funerari e di uso comune e tutto ciò che riguarda l’antico Egitto, compresi animali imbalsamati.
Nel 2013 il museo è stato inserito dal quotidiano britannico The Times nella classifica dei 50 migliori musei del mondo. Dopo i lavori di ristrutturazione avvenuti nel 2015, il Museo ha raddoppiato i suoi spazi espositivi e rinnovato il percorso museale che, ad oggi, si sviluppa su 4 piani e comprende 15 sale.
INFORMAZIONI UTILI
Il museo di trova in via Accademia delle Scienze n.6.
Per raggiungere il Museo dalla stazione Porta Nuova:
A piedi si impiegano circa 10-15 minuti prendendo via Lagrange (che poi diventa via Accademia delle Scienze)
Con l’autobus si può scegliere tra il numero 58 e il numero 58B (per entrambi, fermata BERTOLA- 1642)
Infine il tram è il numero 4 (fermata BERTOLA – 247).
Per raggiungere il Museo dalla stazione di Porta Susa:
A piedi si impiegano circa 20-25 minuti
Con l’autobus si può scegliere tra i numeri 51 (fermata BERTOLA – 469), 56 (fermata CASTELLO – 471), 57 (fermata BERTOLA – 1642), 72 e 72B (per entrambi, fermata BERTOLA – 2179)
Infine il tram è il numero 13 (fermata CASTELLO – 471). Anche le linee Star 1 e Star 2 conducono nei pressi del Museo (fermata ROMA – 4058).
Il Museo è aperto tutti i giorni. Il Lunedì solo di mattina dalle 9:00 alle 14:00. Dal Martedì alla Domenica, invece, è aperto dalle 9:00 alle 18:30.
Il biglietto intero costa 18 Euro a persona. Per informazioni su tariffe speciali e promozioni clicca qui!
È obbligatorio acquistare il biglietto on-line.
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Probabilmente avrai già sentito parlare del guardaroba capsula, in questo articolo vedremo come applicarlo ai viaggi e perché risulta molto utile quando si tratta di fare la valigia.
Quante volte ti è successo di tornare da un viaggio con tanti vestiti mai usati?
Casomai, mentre stavi preparando la valigia, ti era anche venuto il dubbio che stessi portando troppe cose, ma poi ha prevalso il solito: “meglio portarlo, non si mai…”
La verità è che – tranne forse sulla luna!- ovunque andrai avrai sempre la possibilità di comprare o lavare le tue cose, quindi è davvero inutile portarsi la casa dietro ogni volta che si parte.
Usare il metodo del guardaroba capsula ti consente di viaggiare molto più leggera e di goderti di più la vacanza/viaggio perché non avrai il pensiero di come vestirti ogni giorno, essendo già tutto perfettamente abbinato.
COS’E’ IL GUARDAROBA CAPSULA
Il termine capsule wardrobe è nato negli anni ‘70 grazie a Susie Faux, una creativa londinese.
Da allora il concetto di guardaroba capsula si è trasformato.
Oggi è considerato un metodo minimalista per l’organizzazione dell’armadio, grazie al quale è possibile avere un numero limitato di capi tutti combinabili tra di loro. Proprio per questo il guardaroba capsula è spesso composto da capi semplici e dai colori basici (come bianco, nero, grigio e blu) a cui è possibile abbinare facilmente qualche capo più colorato e particolare, per poi finire con gli accessori a seconda dell’occasione d’uso.
Ci sono moltissime variabili per creare un capsule wardrobe che sia adatto a tutti i giorni.
Ad esempio c’è chi si basa esclusivamente sul numero dei capi (in questo caso il 33 sembrerebbe essere per molti in numero perfetto!), ma anche chi preferisce organizzarsi in base alla stagione, alle occasioni d’uso (ufficio, mare, montagna…), oppure allo stile (elegante, casual, sportivo…).
In ogni caso questo metodo offre molti vantaggi:
fa risparmiare tempo nello scegliere come vestirsi ogni mattina;
consente di fare chiarezza su ciò che ci piace veramente e quali occasioni concrete abbiamo per indossare i vari capi;
aiuta a capire di cosa si ha effettivamente bisogno;
fa ridurre la tendenza allo shopping compulsivo e quindi aiuta arisparmiare;
infine è un metodo perfetto per chi ha problemi di spazio, quindi ottimo per preparare la valigia o per viaggiare con il solo bagaglio a mano!
CAPSULE WARDROBE DA VIAGGIO
Cercando on line troverai tantissimi suggerimenti sul come creare il tuo capsule wardrobe da viaggio. Ovviamente non esiste una regola che vada bene per tutti perché le variabili sono infinite. Si dovrebbe considerare il tipo di vacanza (mare, montagna, città…), la durata, le condizioni meteo, lo stile della persona (casual, sportivo…) e così via.
Anche io non sono quasi mai riuscita a seguire alla lettera uno di questi metodi, proprio a causa del fatto che sono pensati per situazioni “tipo” che spesso non si adattano alle tue esigenze concrete. In ogni caso ho trovato molto utile la regola del 5 4 3 2 1 perché, anche se con qualche variante, mi consente di avere uno schema di base ed evitare il superfluo.
La regola consiste nel mettere in valigia, per esempio:
5 top (maglie, camicie…)
4 bottom (gonne, pantaloni)
3 vestiti
2 paia di scarpe
1 borsa
Ovviamente si tratta di uno schema di base che, quindi, può essere variato e adattato in base alle circostanze, diventando:
5 maglie
4 pantaloni/gonne
3 paia di scarpe
2 costumi da bagno
1 telo mare
E così via…
GUARDAROBA CAPSULA E VIAGGI: PASSIAMO ALLA PRATICA
Fin ora abbiamo visto in generale cos’è un capsule wardrobe e perché si adatta bene alle esigenze di un viaggio.
Passiamo adesso ai criteri base per fare una valigia capsula.
Ho fatto un mix di spunti sul tema partendo dalla mia esperienza e aggiungendo dei tips and tricks scoperti online.
Sta a te, però, sperimentare e trovare il tuo metodo ideale!
1. I colori
Scegliere una palette di colori serve a facilitare gli abbinamenti.
Io di solito opto per colori neutri come bianco ed il blu, ma puoi scegliere quelli che preferisci. Va da se che dei capi basici, a tinta unita, risulteranno più facili da abbinare rispetto ad altri dai toni sgargianti e dalle fantasie più complesse.
2. Dividere in categorie
I capi possono essere divisi in categorie, tipo: top, bottom, giacche, scarpe e borse. A questo punto, rispettando la palette stabilita, sarà piuttosto semplice selezionare i capi per ciascuna categoria e abbinarli agli altri.
Per i capi “top” credo che una t-shirt bianca sia fondamentale. Poi si possono aggiungere magliette/camicette un po’ più particolari, possibilmente in tessuti che si stropicciano poco.
Invece per i capi “bottom” sarebbe meglio scegliere qualcosa di più specifico ed adatto al tipo di viaggio: pantaloncini e bermuda per il mare, pantaloni da trekking per la montagna… eccetera
La categoria “giacche” in realtà è la più variegata. Può comprendere giacconi, felpe e pile per la montagna, o anche solo un maxi-scialle che si può usare in areo contro l’aria condizionata, ma anche al mare come pareo o copricostume.
Le scarpe, in genere, dovrebbero essere 3 paia. Una comoda per viaggiare, un paio di infradito (che vanno bene per la spiaggia, ma anche per fare la doccia) ed infine una scarpa più “carina”, come una ballerina o un sandalo, per eventuali occasioni più eleganti.
Per quanto riguarda le borse: 2 possono bastare. Una maxi da usare in viaggio o per la spiaggia e una più piccola da usare la sera.
Infine ci sono gli “accessori” che variano molto in base alla specifica destinazione scelta. Rientrano in questa categoria, per esempio, i costumi da bagno, le scarpe da trekking e così via.
3. Preparare la valigia
A questo punto non resta che piegare tutto e metterlo in valigia!
Per occupare meno spazio e sfruttare bene ogni angolino della valigia, io uso il metodo di Marie Kondo e divido vestiti e accessori vari con degli organizzatori da viaggio. Si tratta di una serie di sacchetti e buste di varie dimensioni che tengono in ordine la valigia.
La Sagrada Familia è il simbolo della città di Barcellona ed una delle chiese più conosciute al mondo.
Ecco alcune informazioni e consigli utili per organizzare la tua visita.
SAGRADA FAMILIA: UN PO’ DI STORIA
Il nome completo di questa chiesa monumentale è “Basílica y Templo Expiatorio de la Sagrada Família”, che in italiano si può tradurre con “Basilica e Chiesa Riconciliante della Sacra Famiglia”.
La sua costruzione ebbe inizio il 19 marzo 1882, sotto il regno di Alfonso XII. Il primo progetto era dell’architetto Francisco de Paula del Villar, ma nel 1883 i lavori furono affidati all’architetto Antoni Gaudí. Fu lui a sostituire l’originale stile neogotico della chiesa con uno stile più moderno e innovativo, che l’avrebbe resa unica al mondo. Gaudì lavorò alla chiesa dedicandovi interamente gli ultimi 15 anni della sua vita.
La Sagrada Familia è ancora in costruzione. La data ufficiale di consegna dei lavori, prima della pandemia, era prevista nel 2026 (a 144 anni dalla posa della prima pietra ed a 100 anni dalla morte di Antoni Gaudí!). Tuttavia i lavori sono stati rallentati dal Covid-19 e, probabilmente, finiranno nel 2028.
Come è già accaduto in altri casi di edifici religiosi la cui costruzione è destinata a durare uno o più secoli, la chiesa è stata consacrata ancora prima di essere conclusa, il 7 novembre 2010 da papa Benedetto XVI, che l’ha elevata al rango di basilica minore.
Quando finalmente sarà terminata, la Sagrada Família sarà l’edificio ecclesiastico più grande del mondo!
La velocità con cui procede la costruzione dipende in gran parte dalle donazioni dei visitatori, quindi andando alla Sagrada Familia non solo potrai ammirare un capolavoro unico, ma contribuirai anche alla sua ultimazione!
IL PROGETTO
Gaudí progettò l’interno della Sagrada Familia ispirandosi ad un bosco, con colonne a forma di alberi che, ramificandosi, sostengono la struttura. Le colonne sono inclinate in modo da ricevere al meglio la pressione perpendicolare alla loro sezione e sono realizzate a forma elicoidale a doppia elica, come i rami e i tronchi degli alberi. L’unione di questi accorgimenti impiegati nel progettare le colonne (inclinazione, forma elicoidale, ramificazione in varie colonne più piccole) ha permesso di sostenere il peso delle volte senza utilizzare i classici contrafforti esterni.
La chiesa ha una pianta a croce latina, con l’altare maggiore sopra la cripta circondato da sette cappelle absidali, un transetto a tre navate con i portali della Natività e della Passione, nel senso longitudinale il corpo centrale di cinque navate con il portale della Gloria. La pianta ha una dimensione di 110 x 80 metri e, terminata la costruzione, avrà una superficie totale di 4500 metri quadrati e potrà ospitare 14000 persone.
Il tempio avrà diciotto torri: quattro per ciascuna delle tre facciate per un totale di dodici che rappresentano gli apostoli, al centro la torre-cupola dedicata a Gesù, alta 170 metri, e intorno ad essa altre quattro torri dedicate agli evangelisti, nonché un’ulteriore torre-cupola sopra l’abside dedicata alla Vergine.
Le guglie degli evangelisti saranno sormontate da sculture dei loro simboli tradizionali: un angelo, un bue, un’aquila e un leone. La guglia della Madonna, completata nel 2021, è sormontata da una grande stella a dodici punte, che simboleggia la Stella del Mattino. Quella centrale dedicata a Cristo, invece, sarà innalzata sulla base della cupola sovrastante la navata centrale, e sarà sormontata da una grande croce a sei bracci, alta 15 metri.
L’altezza totale dell’edificio sarà tuttavia inferiore di mezzo metro rispetto alla collina del Montjuïc, poiché Gaudí pensava che la sua creazione non dovesse superare quella di Dio!
SAGRADA FAMILIA: INFORMAZIONI UTILI
Per raggiungere la Sagrada Familia puoi usare la Linea 2 o la Linea 5 della metropolitana e scendere all’omonima fermata.
La chiesa è aperta tutti i giorni nei seguenti orari:
Da novembre a febbraio: dal lunedì al sabato dalle 9:00 alle 18:00. La domenica dalle 10:30 alle 18:00.
Marzo e ottobre: dal lunedì al sabato dalle 9:00 alle 19:00. La domenica dalle 10:30 alle 19:00.
Da aprile a settembre: dal lunedì al sabato dalle 9:00 alle 20:00. La domenica dalle 10:30 alle 20:00.
Per visitare la Sagrada Familia devono essere rispettate le classiche regole di abbigliamento previste per tutte le chiese. Inoltre va sempre ricordato che si tratta di un cantiere, non di un edificio terminato, quindi possono esserci chiusure temporanee di alcune aree.
Essendo una meta molto visitata dai turisti è consigliabile acquistare il biglietto on line e programmare la propria visita!
Il Barcellona Digital Pass è un’ottima soluzione per visitare la città in modo facile e divertente per tutta la famiglia e godersi, senza stress, i due capolavori di Gaudí: la Sagrada Familia ed il Parc Güell.
Il Pass include:
l’accesso alla Sagrada Familia (torri escluse)
Parc Güell
Bus Hop-on Hop-off Barcellona
Audioguida di Barcellona, ricca di informazioni utili, commenti sulle migliori attrazioni, mappe, consigli e molto altro ancora.
Se stai pensando di trascorrere un weekend a Barcellona ecco alcuni suggerimenti sui luoghi imperdibili da visitare nella capitale della Catalogna.
Un paio di giorni non sono sufficienti per conoscere veramente questa splendida città, ma possono essere un ottimo punto di partenza per assaporarne l’atmosfera, passeggiare lungo la Rambla, visitare le sue attrazioni principali e decidere di tornare!
Ecco quindi 5 mete imperdibili da visitare a Barcellona durante un Weekend
UN WEEKEND A BARCELLONA: LA SAGRADA FAMILIA
È Il simbolo indiscusso della città.
Il vero nome di questa chiesa monumentale è “Basílica y Templo Expiatorio de la Sagrada Família”, che in italiano si può tradurre con “Basilica e Chiesa Riconciliante della Sacra Famiglia”.
La sua costruzione ebbe inizio il 19 marzo 1882.
Il primo progetto era dell’architetto Francisco de Paula del Villar, ma nel 1883 i lavori furono affidati all’architetto Antoni Gaudí. Fu lui a sostituire l’originale stile neogotico della chiesa con uno stile più moderno e innovativo, che l’avrebbe resa unica al mondo.
La Sagrada Familia è ancora in costruzione. La data ufficiale di consegna dei lavori è il 2028.
A termine dei lavori la Sagrada Família sarà l’edificio ecclesiastico più grande del mondo. La velocità con cui procede la costruzione dipende in gran parte dalle donazioni dei visitatori, quindi andando alla Sagrada Familia non solo potrai ammirare un capolavoro unico, ma contribuirai anche alla sua ultimazione!
Per raggiungere la Sagrada Familia puoi usare la Linea 2 o la Linea 5 della metropolitana e scendere all’omonima fermata.
Essendo una metà molto visitata dai turisti, è consigliabile acquistare il biglietto on line ed evitare così la lunghissima fila per entrare!
È un parco con una superficie di circa 15 ettari, ma soprattutto è uno dei simboli di Barcellona, nonché un’ottima postazione panoramica per ammirare la città dall’alto.
Nel 1900 Eusebi Güell, membro di una nobile famiglia di Barcellona, commissionò ad Antoni Gaudí la costruzione di un lussuoso parco residenziale in una zona desolata nella parte nord-orientale della città.
Gaudí accettò l’incarico con entusiasmo e lo trasformò in un’occasione per esprimere le sue idee sul rapporto tra natura ed architettura. Così nacquero pergolati scavati nella roccia, sentieri escursionistici armoniosamente integrati nel paesaggio ed i famosissimi e coloratissimi mosaici ondulati.
Solo una parte del parco è fruibile gratuitamente, per il resto è necessario acquistare il biglietto. Anche in questo caso è consigliabile organizzare la propria visita in anticipo, acquistando il biglietto on line ed evitando le lunghe file.
Parc Güell si trova a una certa distanza da tutte le altre attrazioni di Barcellona ed il modo più comodo di arrivare è la metropolitana e poi una passeggiata di circa 15 minuti. Ci sono tre possibilità:
Puoi prendere la linea 3 della metropolitana e poi scendere alla fermata Vallcarca (come abbiamo fatto noi!). Dalla fermata segui prima l’Avinguda de Valcarca, poi gira a sinistra e prendi la strada Carrer de les Medes. Raggiungerai il lato occidentale del parco, dove si cammina dapprima attraverso il parco e infine si arriva alla parte a pagamento. Durante l’intero percorso il “Parc Güell” è indicato sulla segnaletica.
Oppure puoi prendere la linea 3 della metropolitana e scendere alla fermata “Lesseps”. Poi percorri per 600 metri la Travessera de Dalt, dopo di che gira a sinistra per il Carrer de Larard. Sali per circa 500 metri su una collina ripida e arriverai all’ingresso principale del parco.
L’ultima opzione è prendere la linea 5 della metropolitana e scendere alla fermata El Coll La Teixonera. Questa è una fermata abbastanza nuova e si scende sulla collina El Coll (uscita Carrer Beat Almato). Poi prendi il Carrer del Santuari e gira a destra sul Camí de Can Morá. Segui le indicazioni e vi avvicinerai al Parc Guell dall’alto, da lì dovrai scendere.
UN WEEKEND A BARCELLONA: LAS RAMBLAS
Quello che oggi è uno dei luoghi più trafficati di Barcellona un tempo era il letto asciutto di un fiume.
Il viale, pieno di platani, fiori, musicisti e statue umane, si estende da Plaça de Catalunya (la piazza principale della città) fino al porto di Port Vell, con il Monumento a Colombo, per un totale di circa 1200 metri.
Il lungomare può essere distinto in cinque diverse Rambla, chiamate insieme Las Ramblas:
La Rambla de Canaletes che deve il suo nome ad una fontanella di colore nero/bronzo. Secondo la leggenda chi beve un sorso da questa fontana tornerà sicuramente a Barcellona.
La Rambla dels Estudis.
La Rambla de Sant Josep che, per le numerose bancarelle di fiori, viene chiamata anche “Rambla de les Flors”. Sulla sua destra si trova il mercato “Mercat de la Boqueira”.
La Rambla dels Caputxins.
La Rambla de Santa Monica.
Continuando verso la costa si arriva al Monumento di Colombo e al porto Port Vell.
BARRI GÒTIC
Il Quartiere Gotico di Barcellona è il centro della città vecchia (Ciutat Vella) e si trova tra La Rambla e Via Laietana, tra il porto di Barcellona e la Ronda de Sant Pere. È la parte più antica della città, un vero e proprio labirinto di stradine in cui è facile sentirsi avvolti dall’atmosfera brumosa descritta da Carlos Ruiz Zafón ne “L’ombra del vento”.
Qui si trovano i resti di antichi edifici medievali, ma anche di alcuni risalenti addirittura all’epoca romana. Al tempo dell’imperatore Augusto, infatti, questo luogo venne scelto per fondare una nuova colonia. L’antico foro romano sorgeva proprio dove ora si trovava piazza Plaça de Sant Jaume.
Oggi il Barri Gòtic è una meta molto apprezzata dai turisti. Ospita gli uffici comunali di Barcellona, tra cui il Palau de la Generalitat (edificio governativo della Catalogna) ed il municipio della città, la Casa de la Ciutat o Ajuntament. Nel quartiere gotico si trova anche il palazzo reale dove i sovrani Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia ricevettero Cristoforo Colombo di ritorno dall’America.
Tuttavia la vera protagonista del Barri Gotic è la cattedrale di Barcellona ufficialmente denominata Catedral de la Santa Creu i Santa Eulalia (ovvero Cattedrale della Santa Croce e di Santa Eulalia), ma più comunemente nota come “La Seu”.
La cattedrale, che domina il Barri con le sue guglie gotiche, ha una storia lunga e travagliata. Il primo nucleo dell’edificio religioso sorse già nel 343 a.C., durante l’Impero Romano. Nel 985 la chiesa fu distrutta dai Mori.
Successivamente venne costruita una cattedrale in stile romanico ed un monastero. Le guerre civili e la peste nera fecero ritardare molto i lavori di costruzione che vennero ultimati solo nel 1460. La facciata, invece, fu costruita molto più tardi, nel 1889, e la guglia centrale fu completata nel 1913.
SANTA MARIA DEL MAR
Anche questa tappa è un po’ un omaggio alla letteratura spagnola contemporanea. “La cattedrale del mare”, infatti, è anche il titolo di un celebre romanzo dello scrittore Ildefonso Falcones, in cui le vicende relative alla costruzione della cattedrale si intrecciano con storia del protagonista, Arnau Estanyol.
Santa di Maria del Mar si trova nel quartiere La Ribera e fu costruita tra il 1329 e il 1383, nel periodo d’oro della Catalogna. È nota anche come “cattedrale di La Ribera” ed è un ottimo esempio di stile gotico catalano, con una purezza ed omogeneità stilistica molto rare nel Medioevo, sicuramente dovute al fatto che la costruzione della chiesa avvenne in un periodo abbastanza breve, senza interruzioni significative.
UN WEEKEND A BARCELLONA: ALTRE METE DA VISITARE
Se hai ancora tempo ed energie potresti fare una passeggiata al mercato della Boqueria, il coloratissimo mercato alimentare a cui si accede dalle Ramblas; oppure potresti ammirare Casa Mila (La Pedera) e Casa Batlló, i due iconici edifici progettati da Gaudí; ed infine visitare il museo dedicato a Pablo Picasso nel quartiere di La Ribera.
Per altre idee su cosa visitare in Europa in un weekend leggi anche:
Ponza è la più grande delle isole che costituiscono l’Arcipelago Ponziano. Si trova proprio davanti al Golfo di Gaeta, a circa 21 miglia nautiche a sud di San Felice Circeo.
Le atre isole dell’arcipelago sono: Gavi, Zannone, Palmarola, Ventotene e Santo Stefano. Tra loro soltanto Ponza e Ventotene sono abitate permanentemente.
Eugenio Montale definì Ponza un paradiso in terra, tanto gli apparve magnifica quest’isola dove il blu del mediterraneo si mescola al bianco delle scogliere ed al giallo delle ginestre.
PONZA: UN PO’ DI STORIA
L’isola di Ponza è stata abitata fin dal Neolitico.
Venne occupata dai Volsci, poi dai Fenici e dai Greci. Il suo nome, infatti, deriverebbe dal greco antico Pòntos, Πόντος o Pontia, Πόντια, ossia “mare”.
In epoca romana Ponza si sviluppò enormemente diventando una cittadina fiorente e popolata che ospitava sfarzose ville patrizie. Successivamente l’imperatore Augusto trasformò l’isola in luogo di esilio per illustri personaggi politici.
Durante il Medioevo, grazie all’opera dei monaci benedettini, rimase un fiorente centro commerciale e religioso. Tuttavia il loro lavoro fu pressoché vanificato quando, a partire dal IX secolo, Ponza fu oggetto di feroci razzie da parte dei pirati saraceni.
Nel 1542 l’imperatore Carlo V diede l’isola in feudo a Pier Luigi Farnese. Circa due secoli dopo, nel 1734, Elisabetta Farnese, madre di Carlo III di Spagna re di Napoli, cedette l’intero arcipelago delle Ponziane al figlio che avviò un’intensa colonizzazione, facendovi pervenire coloni soprattutto da Ischia. Durante il periodo borbonico vennero avviati una serie di lavori destinati a migliorare le condizioni di vita degli isolani. Molte di queste opere, come il porto, caratterizzano tutt’ora l’isola.
Nel 1928 il regime fascista destinò Ponza a luogo di confino degli oppositori politici. Vi furono inviati, dai Tribunali Speciali, Giorgio Amendola, Lelio Basso, Pietro Nenni, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Pietro Secchia e Umberto Terracini. Lo stesso Mussolini fu poi prigioniero nell’isola dal 27 luglio al 7 agosto 1943.
COSA VISITARE
La prima cosa che si vede arrivando a Ponza è la zona del porto. Andando oltre si incontra prima il centro storico e poi il Borgo di Santa Maria con il suo porticciolo, qui l’isola diventa un po’ meno turistica. Proseguendo ancora Ponza si restringe e diventa una striscia sottile, questa è la zona di Le Forna, la parte più selvaggia ed alta dell’isola.
Qui il turismo è veramente poco, le case sono più economiche e le spiagge sono meno affollate. Questa zona merita di essere visitata con attenzione, proprio per la sua autenticità. L‘interno dell’isola è montuoso ed attraversato dalle mulattiere che portano all’area vulcanica che è il cuore di Ponza.
L’isola è famosa soprattutto per le sue calette bianche e per l’acqua cristallina. Il suo mare è uno dei più belli del Mediterraneo. I suoi fondali caraibici, con relitti e grotte, ne fanno un paradiso per lo snorkeling ed il diving. Tuttavia Ponza non è solo mare. L’isola offre tantissime possibilità anche agli appassionati di trekking e di storia, grazie a due necropoli romane ed ai resti di sontuose ville imperiali.
Tra le mete imperdibili a Ponza ci sono:
IL FARO
Si trova in cima al Monte Guardia, il punto più alto dell’isola da cui si gode di uno splendido panorama sull’arcipelago pontino. Nei suoi pressi ci sono anche i resti di una necropoli romana.
SCOGLIO DELLA TARTARUGA
Lo Scoglio deve il suo nome alla somiglianza con una testuggine. Dalla chiesa di Le Forna si raggiunge a piedi percorrendo un breve sentiero da dove si accede ad una bellissima caletta. Il sentiero è stato inagibile per molto tempo ed è consigliabile percorrerlo con scarpe da trekking.
PISCINE NATURALI
Il “Fontone”, meglio conosciuto con il nome di “Piscine Naturali”, è un piccolo gioiello. Si tratta di una delle maggiori attrazioni turistiche dell’Isola di Ponza: delle “vasche” di pietra che si sono formate in seguito all’intensa attività vulcanica dell’Isola.
Sono raggiungibili da un sentiero via terra composto per la maggior parte da gradoni (circa 300) ricavati nella roccia. La difficoltà del sentiero è minima e la bellezza del paesaggio ripaga ampiamente dello sforzo fatto!
Poiché è possibile fare il bagno nelle piscine naturali, nel periodo estivo c’è sempre molta folla.
GROTTE DI PILATO
Si tratta di un complesso archeologico ipogeo e subacqueo risalente al I secolo a.C.
I Romani realizzarono questo sistema di grotte scavando il tufo, per l’allevamento delle murene.
Si trovano appena dopo il porto ed il loro nome è legato ad un’antica leggenda di cui fu protagonista Ponzio Pilato che, ancora lungi dall’essere il Governatore della Giudea, all’epoca era solo lo scapestrato rampollo di una nobile famiglia romana. Ufficialmente venne inviato a Ponza con l’incarico di sedare una rivolta. In realtà la famiglia voleva tenerlo occupato e lontano dai guai. L’espediente ebbe successo perché Pilato riuscì talmente bene nella sua missione che il Senato gli assegnò il grado di Governatore e lo mandò in Palestina per domare gli ebrei ribelli.
GROTTA DI ULISSE
Si trova vicino alle Grotte di Pilato. È raggiungibile via mare, con un tour in barca oppure a nuoto. La grotta è piccola, ma grazie ad una apertura da cui filtra il sole si creano spettacolari giochi di luce.
FARAGLIONI DI PONZA
Il Faraglione del Calzone muto è una roccia solitaria che ricorda un po’ la forma di un pantalone. La leggenda vuole che un marinaio muto, volendo gridare la sua gioia per quel meraviglioso paesaggio e non potendo parlare, lanciò i suoi pantaloni sullo scoglio che ne prese la forma: il calzone del muto, appunto.
I Faraglioni della Madonna un tempo facevano parte della maestosa villa estiva di Augusto, ora invece si possono raggiungere solo via mare. Il loro nome deriva da una cappella scavata nella roccia dedicata alla Madonna della Salvazione.
CAPO BIANCO
In questo tratto di costa, in cui la roccia è di un bianco abbagliante, nidifica il Falco Pellegrino. Si può raggiungere solo via mare ed è l’ideale per fare birdwatching.
Fellini rimase talmente impressionato dalla natura di questo posto che decise di girarvi alcune scene del Satyricon.
LE SPIAGGE DI PONZA
Molte delle spiagge dell’isola sono raggiungibili solo via mare. Al porto di Ponza, ma anche nei vari porticcioli, si possono affittare gozzi o gommoni per circumnavigare l’isola, raggiungere le sue spiaggette e fare il bagno nei posti più belli.
Tra le spiagge più belle di Ponza ci sono Chiaia di Luna, la spiaggia del Frontone, la spiaggetta di Santa Maria e Cala Feola.
Quest’ultima è l’unica spiaggia di sabbia dell’isola. È piccola ed il fondale è basso, adatto anche ai bambini. C’è un chiosco attrezzato e si raggiunge in barca oppure a piedi percorrendo un breve sentiero e delle scalinate.
Cala Del Core, invece, è conosciuta come la spiaggia più romantica di Ponza. Sulla parete rocciosa che sovrasta la cala c’è una forma simile ad un cuore e, secondo una leggenda isolana, il suo nome è legato ad una storia d’amore tanto intensa quanto sfortunata.
INFORMAZIONI UTILI
Il periodo migliore per visitare Ponza è quello di maggio/giugno, oppure settembre. Durante l’estate ci sono sempre moltissimi turisti e diventa più difficile godersi a pieno la bellezza dell’isola.
La zona del porto è il punto di partenza di tantissime gite o escursioni che offrono la possibilità di fare il periplo dell’isola, di visitare le sue grotte e le cisterne romane, ma anche le altre isole dell’arcipelago.
I traghetti per Ponza partono quotidianamente dai porti di Anzio, Formia, San Felice Circeo, Terracina e Napoli.
Ponza è lunga poco più di 7 km ed ha un’unica strada che la percorre da sud a nord, collegando le varie frazioni. È caldamente consigliato di imbarcarsi senza auto poiché, da giugno a settembre, la mobilità interna è molto limitata e prevede varie ZTL.
In ogni caso non mancano le alternative per muoversi sull’isola.
Gli autobus pubblici, che partono dal parcheggio di Via Banchina Nuova, a pochi metri dallo sbarco delle navi, collegano il porto con le varie frazioni. Il costo è di € 1,50 a persona per corsa.
Per chi, invece, vuole muoversi più liberamente c’è la possibilità di noleggiare, sempre nei pressi del porto, scooter, golf car, automobili e bicilette elettriche.
Infine ci sono taxi e NCC.
Se, invece, non è proprio possibile fare a meno dell’auto, sull’isola sono presenti parcheggi custoditi e non, esterni alle ZTL:
• Ponza Parking, in Strada Provinciale Ponza – Tre Venti al Km 0,280 (più comunemente chiamata via Panoramica);
• Parcheggio Santa Maria;
• Parcheggio incustodito nella frazione di Calacaparra.
Castelli infestati, antiche dimore abbandonate e vecchie case diroccate. L’Italia è piena di posti misteriosi in cui la Storia si mescola alle superstizioni ed ai racconti popolari, alimentando storie e leggende. Anime intrappolate che continuano a vagare tra le stanze delle loro antiche dimore, incapaci di trovare pace ed andare “oltre”. Dame infelici, bambini morti prematuramente, cavalieri in cerca di vendetta, ma anche personaggi storici come Caterina Sforza, che ancora si aggirerebbe per la rocca di Imola, o Giocchino Murat, giustiziato nel castello di Pizzo Calabro.
Questo è un viaggio tra alcune delle più famose dimore infestate d’Italia.
castelli infestati: CASTELLO TAUFERS, CAMPO TURES, BOLZANO
Da secoli l’imponente sagoma del Castello Taufers troneggia sopra Campo Tures, dominando la Valle Aurina.
Quella che oggi è nota come la sala delle streghe o degli spettri una volta era la camera personale di Margarete von Taufers. Secondo la leggenda la giovane si era innamorata di un uomo di basso lignaggio e la famiglia era contraria al loro matrimonio. Il giorno delle nozze, un sicario uccise lo sposo ai piedi dell’altare trafiggendolo con una freccia. Margarete, disperata, si rinchiuse nella sua camera dove pianse ininterrottamente per sette anni e poi, il giorno del settimo anniversario della morte del suo amato, si gettò dalla finestra. Secondo alcune leggende locali, di notte, è ancora possibile sentire lo spettro della giovane gemere e piangere.
Nel 1972, durante le riprese del film di Ettore Scola “La più bella serata della mia vita”, che vennero fatte all’interno del castello Taufers, fu proprio Alberto Sordi a riferire di aver udito i gemiti e i lamenti di Margarete.
CASTELLO DELLA ROTTA, MONCALIERI, TORINO
Altro che la Stamberga Stillante, il Castello della Rotta sarebbe il più infestato d’Italia!
L’edificio, infatti, sorgerebbe in un luogo in cui si incrociano le linee delle forze magnetiche terrestri, una posizione astrologica favorevole al manifestarsi delle energie naturali. Tra le sue stanze sono state avvistate innumerevoli “presenze”: un nobile morto suicida, un cardinale intento a leggere, un cavaliere sul suo destriero, una nutrice che avrebbe fatto scomparire un bambino e perfino un corteo di ecclesiastici che sfila ogni 14 giugno.
VILLA FOSCARI, MALCONTENTA, VENEZIA
Tutti i Potterhead saranno stupiti nel sapere che ben prima di Mirtilla c’è stata un’altra Malcontenta!
Infatti la leggenda vuole che il soprannome della villa provenga da una dama di casa Foscari, rinchiusa tra le sue mura a scontare in solitudine la pena per la sua condotta immorale. Non si sa molto della storia della dama: si dice che visse in questo luogo i suoi ultimi trent’anni, senza mai uscire o affacciarsi dalle finestre. Il suo fantasma si aggirerebbe ancora per la villa…
CASTELLI INFESTATI: CASTELLO DI BARDI, PARMA
La storia del fantasma divenne celebre nel 1995.
A seguito di una serie di segnalazioni giunte alla redazione del giornale di Parma “Lettere e contrasti”, 2 giornalisti decisero di pernottare all’interno della fortezza e fotografarono una misteriosa forma evanescente. La storia fece molto clamore e venne ripresa dalle principali emittenti televisive. Successivamente un appassionato di esoterismo fotografò, con un sistema termico, la sagoma di un cavaliere inginocchiato.
Il cavaliere in questione sarebbe il comandante della guarnigione Moroello, innamorato di Soleste. La bella dama si uccise quando, dopo un’aspra battaglia, vide un esercito che avanzava le insegne nemiche e pensò che Moroello fosse stato sconfitto. In realtà si trattava proprio di Moroello che, per sfregio verso i nemici, aveva ordinato di alzare i loro vessilli, senza immaginare che questa sua decisione avrebbe provocato una così terribile reazione da parte della sua amata.
ROCCA SFORZESCA, IMOLA
La Rocca di Imola venne fondata nel XIII secolo sui resti di un edificio preesistente. Nel 1499 fu assediata e conquistata da Cesare Borgia che, nel 1502, chiamò Leonardo da Vinci per dirigere i lavori di rafforzamento dell’edificio dopo i danni subiti durante l’assedio.
Il fascino della Rocca, tuttavia, è legato alla leggenda di Caterina Sforza.
Caterina fu signora di Imola e contessa di Forlì, prima al fianco del marito Girolamo Riario, poi come reggente per il figlio primogenito Ottaviano. Combattiva e tenace, fu piegata, dopo un’eroica resistenza, dalla furia conquistatrice di Cesare Borgia. Ancora oggi pare che il suo fantasma si aggiri nel castello, armato di lancia, per impedire agli incauti visitatori di scoprire le sue stanze segrete ed i suoi tesori.
CASTELLO DI MONTEBELLO, RIMINI
Probabilmente quella di Azzurrina è una delle leggende più note nel nostro Paese.
Il suo vero nome era Guendalina e nacque intorno al 1370. Suo padre Uguccione era il feudatario di Montebello di Torriana.
Si dice che fosse una bambina albina e, poiché all’epoca la superstizione popolare collegava l’albinismo al diavolo, la madre decise di tingerle i capelli di nero, tuttavia il risultato fu una chioma dai riflessi azzurri: così avrebbe avuto origine il soprannome di “Azzurrina”.
Il 21 giugno 1375, mentre il padre combatteva in battaglia, Azzurrina stava giocando nel castello di Montebello di Torriana con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale. Secondo il successivo racconto delle due guardie a cui era affidata la custodia della bambina, a un certo punto la palla sarebbe caduta lungo la scala che conduceva alla ghiacciaia sotterranea e la bambina l’avrebbe seguita per recuperarla. Quando però le guardie accorsero nel locale, entrando dall’unico ingresso, non videro traccia né della palla né della bambina, che non venne mai più ritrovata.
La leggenda vuole che il fantasma della bambina viva ancora nel castello e che faccia sentire la propria voce ogni cinque anni, nel giorno del solstizio d’estate.
PALAZZO VECCHIO, FIRENZE
La Firenze medicea fa da scenario alla leggenda del fantasma di Baldaccio d’Anghiari.
Baldo di Piero Bruni, noto appunto come Baldaccio e proveniente dalla città aretina di Anghiari, venne ucciso il 6 settembre 1441 all’interno di Palazzo Vecchio, da uomini al soldo del gonfaloniere di giustizia Bartolomeo Orlandini, perché inviso alla fazione in ascesa di Cosimo de’ Medici.
Il suo cadavere fu poi gettato dalla finestra e trascinato in piazza della Signoria, dove fu decapitato. Pare che il suo fantasma si aggiri ancora tra le sontuose sale del palazzo aspettando giustizia.
CASTELLI INFESTATI: TORRE DEL DIAVOLO, CASTELLO DEI CONTI GUIDI DI POPPI, AREZZO
Matelda fu una nobildonna che visse nel castello nel XIII secolo. Data in sposa al nobile (e molto anziano!) Conte Guidi, la donna pensò di approfittare delle lunghe assenze del marito per divertirsi con i molti giovani amanti. Matelda, però, era molto attenta alla sua reputazione e non permetteva che le sue storielle amorose uscissero dalle mura del castello entro le quali si consumavano.
Dunque i malcapitati venivano invitati ad uscire tramite un passaggio segreto che, però, altro non era che un pozzo, in cui le ignare vittime venivano trafitte a morte dalle lame che spuntavano dal fondo.
Quando però le sparizioni dei giovani del borgo iniziarono a diventare sospette, gli abitanti assalirono il castello e rinchiusero la nobildonna nella torre, dove morì di fame e di sete.
CASTELLO DI FUMONE, FROSINONE
Il castello di Fumone è stato per secoli una fortezza inespugnabile in cui molte persone trovarono la morte. Lo stesso Papa Celestino V trascorse nel castello i suoi ultimi anni rinchiuso in una minuscola cella.
Tuttavia la storia più triste legata al castello è quella del marchesino Francesco Longhi-Caetani, un bambino di soli 5 anni, probabilmente ucciso dalle sorelle nel 1800 per questioni ereditarie. Secondo la leggenda, ogni notte la duchessa Emilia, mamma del marchesino, si recherebbe nella stanza dov’è conservato il corpo imbalsamato di suo figlio per abbracciarlo e cullarlo.
Quando calano le tenebre, quindi, le sale del maniero sembrano riecheggiare ancora delle nenie cantate dalla duchessa che si mescolano alle urla di dolore di quanti vi morirono in tragiche circostanze.
CASTELLO ARAGONESE, PIZZO, VIBO VALENTIA
Il Castello aragonese di Pizzo è noto anche come Castello Murat.
Le sue vicende, infatti, sono strettamente legate a quelle di Gioacchino Murat che proprio qui venne fucilato nel 1815.
Murat nacque nel 1767 da una famiglia di umili origini e riuscì a farsi valere per le sue doti eroiche. Sposò Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone, venne nominato prima maresciallo, poi principe e, nel 1808, Re di Napoli. Quando iniziò la parabola discendete di Napoleone, Gioacchino Murat venne fatto prigioniero da Ferdinando IV Borbone e rinchiuso nel castello, dove poi trovò la morte.
La gente di Pizzo racconta che di notte si sentono rumori di catene provenire dal castello, come se lo spirito di Murat chiedesse vendetta!
Ikigai è una parola giapponese che non ha un vero e proprio corrispettivo né in italiano, né in altre lingue.
Indica una vita ricca di significato, vissuta con pienezza e consapevolezza.
Le persone che conoscono il proprio ikigai si sentono appagate, hanno un buon motivo per alzarsi la mattina e per affrontare le sfide della quotidianità, oltre a godere, in generale, di una più alta prospettiva vita.
Il termine “iki” significa vita, mentre “gai” vuol dire senso, scopo, valore. Quindi potremmo tradurre letteralmente con “il senso della vita”.
In sostanza il termine ikigai si riferisce allo stato d’animo di una persona che conosce il significato della propria vita, che prova sentimenti di soddisfazione ed appagamento interiore. Una persona entusiasta, motivata e dotata di grande energia.
Secondo la filosofia tradizionale giapponese, ognuno ha il proprio Ikigai. Basta solo trovarlo e seguirlo per essere felici.
Questo concetto si pone come un’evoluzione dei principi di base della salute e del benessere della medicina tradizionale giapponese. Secondo quest’ultima, infatti, il benessere fisico è influenzato dalla salute mentale ed emotiva, nonché dall’avere uno scopo nella vita.
La psicologa giapponese Michiko Kumano, nel 2017, ha affermato che l’ikigai è “uno stato di benessere che nasce dalla devozione alle attività di cui si gode, che porta anche un senso di appagamento”. Michiko ha accomunato l’ikigai al concetto greco di eudaimonia, ossia una vita ben vissuta, che conduce alla forma di felicità più alta e duratura, molto diversa dal piacere fugace tipico dell’edonia.
Ken Mogi, il neuroscienziato autore di Awakening your Ikigai, afferma che l’ikigai è un concetto antico e familiare per i giapponesi, che può essere tradotto semplicemente come “un motivo per alzarsi la mattina” o, più poeticamente, come “svegliarsi alla gioia”.
In effetti, anche senza essere degli studiosi della mente umana, appare chiaro che le persone che non sanno quale sia il loro scopo e non avvertono un significato profondo nelle loro vite, vivono con meno energia ed entusiasmo di chi sa quali obiettivi vuole raggiungere ed ogni giorno vi si dedica con gioia.
IL CASO DI OKINAWA
Okinawa è una delle isole Ryukyu, si trova nell’arcipelago giapponese che separa l’Oceano Pacifico dal Mar Cinese Orientale.
E’ un piccolo paradiso noto come “l’isola dei centenari”. Ad Okinawa, infatti, non solo si trova una delle più elevate concentrazioni di centenari al mondo, ma l’isola ha anche l’invidiabile primato di vantare una popolazione eccezionalmente vitale ed in buona salute. Gli anziani di Okinawa non sono dei vecchietti sopraffatti dal peso degli anni, ma delle persone attive e vitali.
Okinawa è anche il primo esempio a cui si pensa quando si parla delle zone del mondo in cui l’ikigai è più intenso.
Lo studioso statunitense Dan Buettner, nel suo libro Lezioni di lunga vita. Le zone blu. I segreti delle popolazioni ultracentenarie, mette a confronto 5 aree del mondo (tra cui l’isola di Okinawa e la nostra Barbagia), in cui la popolazione appare più longeva ed in buona salute rispetto alla media.
Il suo studio ha rilevato che alla base del segreto della longevità e della qualità della vita degli abitanti di queste aree ci sono elementi quali: la dieta, l’attività fisica, le relazioni sociali, la gestione dello stress e lo scopo vitale… l’ikigai, appunto!
COME TROVARE IL PROPRIO IKIGAI
Innanzi tutto l’ikigai è una cosa che abbiamo tutti, anche chi non l’ha ancora trovato.
Una volta scoperto, l’ikigai, funziona come una bussola che ci dirige verso le cose per le quali proviamo un sincero interesse, che ci rispecchiano e rispondono ai nostri bisogni. Inoltre, poiché siamo tutti in continua evoluzione, anche il nostro ikigai può cambiare nel corso del tempo. Cose che in una certa fase della vita sembravano molto importanti possono perdere di significato con il passare degli anni. È normale.
Semplificando si può dire che il nostro personale ikigai si basa su 4 grandi aree tematiche:
Le cose che amiamo fare;
I nostri punti di forza, ciò che siamo bravi a fare;
Ciò di cui il mondo ha bisogno;
Le cose per cui veniamo remunerati o potremmo esserlo
Il classico schema per individuare l’ikigai è composto da 4 cerchi che si intersecano. Ognuno corrisponde ad una di queste aree tematiche e va compilato in base alle proprie preferenze.
All’incrocio tra ciò che si ama e ciò in cui si è bravi ci sono le proprie passioni. Nella zona di intersezione tra ciò che si ama e ciò di cui il mondo ha bisogno c’è la propria missione.
All’incrocio tra ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui si può essere pagati c’è la propria vocazione. E all’incrocio tra ciò in cui si è bravi e ciò per cui si può esser pagati c’è la propria professione.
La parte centrale, in cui tutti i cerchi s’intersecano, è la più importante. Quella che indica il proprio ikigai.
Tuttavia l’ikigai è un concetto molto profondo, difficilmente riconducibile ad un test o ad uno schema. Alcune volte abbraccia tutte le aree tematiche, altre volte no.
Per esempio, per un artista che ha trovato il proprio ikigai nella pittura, entrano in gioco tutti e quattro i livelli. Per lui la pittura è qualcosa che ama fare, ma anche qualcosa che è bravo a fare, con cui contribuisce a rendere il mondo un luogo più bello, e per cui potrebbe ricevere un compenso.
Questo però non significa che l’ikigai appartiene solo a coloro che hanno un’unica grande passione, come l’artista che è riuscito a fare della pittura il suo mestiere. Spesso l’ikigai è qualcosa di più piccolo e meno appariscente, qualcosa a cui – erroneamente! – non si da troppa importanza. L’ikigai di una persona potrebbe essere quello di aiutare un amico, imparare una lingua straniera, leggere libri per immergersi in realtà sconosciute…l’ikigai può essere qualsiasi cosa, dai grandi progetti alle piccole cose della quotidianità.
La Pasqua è la festa in cui i cristiani celebrano la resurrezione di Cristo, ma in tante altre parti del mondo ci sono riti e tradizioni diverse. Innanzitutto la Pasqua ricade in date diverse a seconda della religione e del calendario adottato: la Pasqua ebraica e quella ortodossa, per esempio, si celebrano in una data diversa da quella cristiana.
In tutto il mondo, comunque, la Pasqua è legata al simbolismo della vita che trionfa sulla morte ed al risveglio della natura che segna la fine della stagione invernale. Spesso si assiste all’intreccio di tradizioni religiose e pagane, con diverse sfumature da Paese a Paese.
Scopriamo insieme tradizioni e riti con cui viene festeggiata la Pasqua nel mondo.
LA PASQUA IN FRANCIA
Come vuole la tradizione cristiana, tutte le campane del Paese restano in silenzio dal Venerdì Santo fino alla domenica di Pasqua, in segno di lutto per la Crocifissione di Cristo. Secondo la leggenda le campane francesi volano a Roma per sentire l’annuncio della Resurrezione di Cristo direttamente dal Papa, per poi tornare a suonare con gioia la domenica di Pasqua.
GERMANIA
La Ostern (Pasqua) tedesca reca molte tracce delle antiche tradizioni pagane. Lo stesso nome “Ostern”, infatti, si riferisce a Eostre, una dea pagana della Primavera.
Durante la Settimana Santa le case vengono addobbate con ramoscelli d’ulivo, sagome di coniglietti e uova dipinte. Le celebrazioni vere e proprie iniziano il Giovedì Santo, dove è tradizione mangiare solo alimenti di colore verde per proteggere l’organismo durante l’anno. Tra il Venerdì Santo ed il Sabato, invece, si usa accendere dei grandi falò, altro residuo della ritualità pagana, con cui si salutava l’arrivo della primavera.
Il pranzo pasquale è a base d’agnello, ed anche il dolce tipico (che da noi ha la forma di colomba) in Germania prende le sembianze di un agnello.
REGNO UNITO
In Inghilterra la tradizione pasquale vuole che il Giovedì Santo ci si dedichi all’attività caritativa. Nell’Abbazia di Westminster si ripete il rito del Royal Maundy Gifts, ossia il dono di denaro ai poveri da parte del sovrano durante una cerimonia religiosa.
Inoltre, nel Regno Unito, è considerato di buon auspicio sposarsi proprio la domenica di Pasqua.
LA PASQUA IN SPAGNA
A Barcellona, durante la Domenica delle Palme, in ricordo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, interi rami di palme vengono portati in chiesa per la benedizione e possono essere decorati con dolci o rosari di zucchero. Le stesse palme vengono poi appese alle porte ed alle finestre per proteggere le casa dagli spiriti maligni.
Il tipico dolce pasquale catalano è la “mona”, decorata con uova di cioccolato e donata dal padrino di battesimo al figlioccio.
In Andalusia, invece, le confraternite organizzano processioni che sono vere e proprie rappresentazioni teatrali della via crucis di Cristo. Le celebrazioni più famose si svolgono a Siviglia durante la “Semana Santa” e richiamano turisti da tutte le altre parti del mondo.
SVEZIA
In Svezia si usa decorare le case con uova dipinte e rami di pioppo e betulla, per celebrare l’arrivo della bella stagione. Inoltre c’è un’antica tradizione secondo la quale le bambine e le ragazze si travestono da streghe (påskkärring) per andare di casa in casa portando biglietti d’auguri in cambio di monetine o dolcetti. In pratica una specie di “dolcetto o scherzetto”. Quest’usanza nasce dalla credenza medievale secondo la quale la resurrezione di Cristo scacciò il male, riportando la luce e la pace. La Pasqua sarebbe, dunque, il periodo in cui le streghe vanno via, verso la Montagna Blu, il leggendario covo del Diavolo.
STATI UNITI
Negli Stati Uniti molte tradizioni pasquali sono simili a quelle degli altri Paesi anglosassoni. A New York, lungo la Fifth Avenue, si organizza una parata piena di colori, dove i partecipanti esibiscono dei cappelli davvero stravaganti.
LA PASQUA IN MESSICO
In Messico è particolarmente suggestivo il Rogo di Giuda, il tradizionale falò del Sabato Santo durante il quale viene data alla fiamme una figura di cartone che rappresenta il discepolo che tradì Cristo.
EL SALVADOR
A Texistepeque i riti cattolici e le tradizioni locali si fondono in una particolare celebrazione che vede protagonisti i “talcigüines”: uomini travestiti da diavoli che attraversano le strade della città. La loro incursione finisce ai piedi di Cristo dove si inginocchiano in segno di sottomissione, come simbolo della vittoria del Figlio di Dio sulla tentazione e sul male.
La Pasqua si avvicina e sembra portare con sé anche il desiderio di prendersi una pausa ed evadere dalla routine. Quindi perché non approfittare del ponte pasquale per fare un bel viaggio?
In molti, tuttavia, non hanno la possibilità di assentarsi dal lavoro per un lungo periodo. Per questo tra le mete ideali del ponte pasquale non mancano mai le città europee più vicine a noi, raggiungibili con una o due ore d’aereo.
Ecco, quindi, 5 idee su quali città europee visitare a Pasqua!
PASQUA A MALTA: LA VALLETTA
È un piccolo gioiello. Un’affascinate mix di storia e bellezza.
Oltre 300 monumenti e luoghi di interesse concentrati in meno di mezzo chilometro quadrato ed un centro storico che, dal 1980, è entrato a far parte del patrimonio UNESCO.
Si può visitare a piedi in una giornata (escluso il tempo per entrare nei vari musei, chiese…) e la composizione a griglia delle sue strade renderà semplice orientarsi.
Patria della filosofia e della democrazia, dell’arte e del teatro.
Le sue origini ed il suo stesso nome sono legate al mito che attribuisce l’edificazione della città alla dea Atena.
Ma Atene non è solo storia e mitologia, è anche una città vivace e moderna che, in occasione delle Olimpiadi del 2004, ha saputo rinnovarsi e diventare ancora più bella.
La Pasqua è sicuramente la festa più importante per gli ortodossi, quella a cui sono legate più tradizioni e anche quella che simboleggia meglio di ogni altra la “grecità”. Tuttavia, prima di decidere di trascorrere le vacanze di Pasqua in Grecia, è utile sapere che la data della Pasqua in Grecia non coincide con quella in Italia. La nostra Pasqua nel 2023 si celebrerà il 9 aprile, mentre la Pasqua ortodossa il 16. Questo accade perché la Chiesa Ortodossa e quella Cattolica seguono calendari diversi.
Praga, la città delle cento torri, la città d’oro…ma soprattutto una delle più belle città d’Europa.
È una città romantica, misteriosa ed esoterica che riesce ad ammaliarti in pochi minuti.
Il centro storico è un mix armonioso di architetture barocche, rinascimentali, neoclassiche e art nouveau.
È articolato in 5 quartieri separati dalla Moldava. Tutto è relativamente vicino ed è facile spostarsi a piedi.
Sulla riva occidentale si trovano: Hradcany (il quartiere del castello) e Mala Strana (il piccolo quartiere). Sulla riva orientale si trovano: Josefov (il quartiere ebraico), Stare Mesto (il quartiere della città vecchia) e Nove Mesto (il quartiere della città nuova). Le due rive sono collegate dal celebre Ponte Carlo.
Vienna non è solo la città imperiale, la capitale dell’impero asburgico, con le sue strade eleganti ed i suoi magnifici palazzi, ma è anche una città vivace e moderna proiettata verso il futuro.
Offre moltissime cose da fare e da vedere, sia in città che nei dintorni.
È una città da visitare a piedi. I principali luoghi di interesse, infatti, sono piuttosto vicini tra loro, inoltre camminare è il modo migliore per immergersi nell’atmosfera delle sue splendide stradine e perdersi tra il medioevo ed i fasti del periodo imperiale.
La città prende il suo nome da Inn (il fiume che l’attraversa) e bruck (ponte), quindi significa letteralmente “ponte sul fiume Inn”.