Sostenibilità. Riduci. Riusa. Ricicla

Sostenibilità. Negli ultimi tempi questa parola è sempre più usata. Se ne parla sotto il profilo ambientale, economico e sociale.

Ma cosa significa veramente? E come si deve fare per avere comportamenti più sostenibili nella vita quotidiana?

In questo articolo vedremo cosa fare, concretamente, per vivere in modo più sostenibile partendo da alcuni concetti di base. Chiaramente l’argomento è estremamente ampio e complesso e sarebbero necessari degli esperti per sviscerarne gli aspetti più complessi, sia sotto il profilo ambientale, che sotto quello economico e sociale. Noi ci limiteremo ad alcune considerazioni che possono rivelarsi utili nel quotidiano!

Sostenibilità: definizione

Sostenibilità: “Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri.”

Questa è la definizione di sostenibilità secondo l’enciclopedia Treccani.

In pratica la sostenibilità è una sorta di equilibrio. Consiste nel trovare un modo che consenta alla generazione presente di svilupparsi e progredire, senza che questo impedisca alle generazioni future di fare lo stesso.

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Fonte: Pixabay

Cosa emerge da questa definizione?

Innanzitutto il riferimento al futuro. Le scelte che facciamo oggi avranno ripercussioni sulle generazioni future. Avere a cuore la sostenibilità significa, quindi, investire sul futuro.

Altro concetto fondamentale è quello dello sviluppo. Lo sviluppo sostenibile consente di vivere in armonia con la natura. Questa non è più sfruttata, ma usata saggiamente affinché possa continuare a sostenerci nel tempo.

Le basi della sostenibilità

I concetti di base su cui si fonda una vita più sostenibile sono: riduci, riusa e consuma.

Riduci

La società consumistica in cui siamo immersi veicola da decenni il messaggio che avere tanto è bello. Il possesso degli oggetti è spesso legato all’accettazione sociale e non ad un reale bisogno. Si acquista qualcosa non perché ci serve, ma perché ci fa sentire persone di successo oppure parte di un gruppo.

Il risultato? Molto spesso tutti questi oggetti non solo non apportano nessun miglioramento alla nostra vita, ma diventano anche dei pesi. Cose in più da gestire, a cui trovare un posto, oppure da far riparare in caso di guasto.

È proprio qui che ci viene in soccorso il concetto di ridurre, perché spesso il problema non sono le cose in sé, ma il loro eccesso.

Il minimalismo può essere la soluzione. Uno stile di vita incentrato sull’essenziale. Vivere in modo minimalista non significa avere una casa vuota o fare tante rinunce, significa capire cosa è importante per noi, cosa apporta valore alla nostra vita e concentrarsi solo su quello, lasciando andare tutto il resto.

Se sei interessato al tema del minimalismo ecco alcuni articoli che potresti leggere:

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Fonte: Pixabay

Riusa

Con il benessere economico che ha fatto seguito al secondo dopoguerra, si è sviluppata la mentalità dell’usa e getta. Grande complice di questa mentalità è stata l’invenzione della plastica e dei primi oggetti monouso, come bottigliette, bicchieri, eccetera. Se fino a pochi anni prima si tendeva a riparare e far durare le cose, nell’arco di pochissimo tempo ha prevalso il “se si rompe buttalo via e comprane un altro!”.

Questo nuovo tipo di mentalità si è imposta alla velocità della luce per una serie di motivi. Buttare e ricomprare spesso è più economico rispetto al far riparare qualcosa. Inoltre è molto più rapido. Non si deve star lì a capire come sarebbe possibile aggiustare quell’oggetto e chi contattare per farlo. Riparare richiede impegno, buttare via è molto più immediato.

La mentalità dell’usa e getta è stata la principale causa dell’accumulo di rifiuti nell’ambiente. Oggi, fortunatamente, c’è molta più consapevolezza e sensibilità rispetto a queste tematiche. L’esempio più immediato sono le borracce: fino ad una decina di anni fa a nessuno sarebbe venuto in mente di uscire con una borraccia, oggi invece è diventata una cosa normalissima. Spesso avere una vita più sostenibile è molto più semplice di quanto si possa immaginare!

Ricicla

Il concetto di riciclo può sembrare molto simile a quello del riuso, ma c’è una differenza.  Riusare significa usare di nuovo un oggetto per svolgere sempre la stessa funzione. La lavatrice rotta e poi riparata continuerà a servire sempre per lavare il bucato. Riciclare, invece, significa partire da un’oggetto e trasformarlo in qualcosa di diverso. Spesso si parla anche di “arte” del riciclo proprio perché riciclare è un’attività creativa e fantasiosa.

Ovviamente il riciclo può avvenire a livelli molto differenti. Un conto è usare un vecchio lenzuolo per farne dei panni per pulire, un conto è realizzare maglie di pile partendo dalle bottiglie di plastica!

Sostenibilità: conclusioni

In conclusione, per cercare di avere uno stile di vita che sia il più sostenibile possibile ci possono venire in soccorso i tre concetti del riduci, riusa e ricicla. Di fronte ad ogni situazione che può verificarsi nella nostra quotidianità dovremmo sempre chiederci:

Mi serve veramente? Ne ho bisogno?

RIDUCI. Usa le risorse a tua disposizione per circondandoti solo di ciò che ti serve davvero.

Posso usare qualcosa che possiedo già?

RIUSA. Scegli oggetti riutilizzabili, che puoi comprare una volta e usare per anni.

Posso trasformare questo oggetto in qualcos’altro?

RICICLA. Usa la tua creatività e, se è possibile, cerca di dare nuova vita ad un vecchio oggetto.

GUARDAROBA CAPSULA E VIAGGI

Probabilmente avrai già sentito parlare del guardaroba capsula, in questo articolo vedremo come applicarlo ai viaggi e perché risulta molto utile quando si tratta di fare la valigia.

Quante volte ti è successo di tornare da un viaggio con tanti vestiti mai usati?

Casomai, mentre stavi preparando la valigia, ti era anche venuto il dubbio che stessi portando troppe cose, ma poi ha prevalso il solito: “meglio portarlo, non si mai…”

La verità è che – tranne forse sulla luna!- ovunque andrai avrai sempre la possibilità di comprare o lavare le tue cose, quindi è davvero inutile portarsi la casa dietro ogni volta che si parte.

Usare il metodo del guardaroba capsula ti consente di viaggiare molto più leggera e di goderti di più la vacanza/viaggio perché non avrai il pensiero di come vestirti ogni giorno, essendo già tutto perfettamente abbinato.

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Fonte: Unsplash

COS’E’ IL GUARDAROBA CAPSULA

Il termine capsule wardrobe è nato negli anni ‘70 grazie a Susie Faux, una creativa londinese.

Da allora il concetto di guardaroba capsula si è trasformato.

Oggi è considerato un metodo minimalista per l’organizzazione dell’armadio, grazie al quale è possibile avere un numero limitato di capi tutti combinabili tra di loro. Proprio per questo il guardaroba capsula è spesso composto da capi semplici e dai colori basici (come bianco, nero, grigio e blu) a cui è possibile abbinare facilmente qualche capo più colorato e particolare, per poi finire con gli accessori a seconda dell’occasione d’uso.

Ci sono moltissime variabili per creare un capsule wardrobe che sia adatto a tutti i giorni.

Ad esempio c’è chi si basa esclusivamente sul numero dei capi (in questo caso il 33 sembrerebbe essere per molti in numero perfetto!), ma anche chi preferisce organizzarsi in base alla stagione, alle occasioni d’uso (ufficio, mare, montagna…), oppure allo stile (elegante, casual, sportivo…).

In ogni caso questo metodo offre molti vantaggi:

  • fa risparmiare tempo nello scegliere come vestirsi ogni mattina;
  • consente di fare chiarezza su ciò che ci piace veramente e quali occasioni concrete abbiamo per indossare i vari capi;
  • aiuta a capire di cosa si ha effettivamente bisogno;
  • fa ridurre la tendenza allo shopping compulsivo e quindi aiuta arisparmiare;
  • infine è un metodo perfetto per chi ha problemi di spazio, quindi ottimo per preparare la valigia o per viaggiare con il solo bagaglio a mano!
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Fonte: Unsplash

CAPSULE WARDROBE DA VIAGGIO

Cercando on line troverai tantissimi suggerimenti sul come creare il tuo capsule wardrobe da viaggio. Ovviamente non esiste una regola che vada bene per tutti perché le variabili sono infinite. Si dovrebbe considerare il tipo di vacanza (mare, montagna, città…), la durata, le condizioni meteo, lo stile della persona (casual, sportivo…) e così via.

Anche io non sono quasi mai riuscita a seguire alla lettera uno di questi metodi, proprio a causa del fatto che sono pensati per situazioni “tipo” che spesso non si adattano alle tue esigenze concrete. In ogni caso ho trovato molto utile la regola del 5 4 3 2 1 perché, anche se con qualche variante, mi consente di avere uno schema di base ed evitare il superfluo.

La regola consiste nel mettere in valigia, per esempio:

  • 5 top (maglie, camicie…)
  • 4 bottom (gonne, pantaloni)
  • 3 vestiti
  • 2 paia di scarpe
  • 1 borsa

Ovviamente si tratta di uno schema di base che, quindi, può essere variato e adattato in base alle circostanze, diventando:

  • 5 maglie
  • 4 pantaloni/gonne
  • 3 paia di scarpe
  • 2 costumi da bagno
  • 1 telo mare

E così via…

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Fonte: Unsplash

GUARDAROBA CAPSULA E VIAGGI: PASSIAMO ALLA PRATICA

Fin ora abbiamo visto in generale cos’è un capsule wardrobe e perché si adatta bene alle esigenze di un viaggio.

Passiamo adesso ai criteri base per fare una valigia capsula.

Ho fatto un mix di spunti sul tema partendo dalla mia esperienza e aggiungendo dei tips and tricks scoperti online.

Sta a te, però, sperimentare e trovare il tuo metodo ideale!

1. I colori

Scegliere una palette di colori serve a facilitare gli abbinamenti.

Io di solito opto per colori neutri come bianco ed il blu, ma puoi scegliere quelli che preferisci. Va da se che dei capi basici, a tinta unita, risulteranno più facili da abbinare rispetto ad altri dai toni sgargianti e dalle fantasie più complesse.

2. Dividere in categorie

I capi possono essere divisi in categorie, tipo: top, bottom, giacche, scarpe e borse. A questo punto, rispettando la palette stabilita, sarà piuttosto semplice selezionare i capi per ciascuna categoria e abbinarli agli altri.

Per i capi “top” credo che una t-shirt bianca sia fondamentale. Poi si possono aggiungere magliette/camicette un po’ più particolari, possibilmente in tessuti che si stropicciano poco.

Invece per i capi “bottom” sarebbe meglio scegliere qualcosa di più specifico ed adatto al tipo di viaggio: pantaloncini e bermuda per il mare, pantaloni da trekking per la montagna… eccetera

La categoria “giacche” in realtà è la più variegata. Può comprendere giacconi, felpe e pile per la montagna, o anche solo un maxi-scialle che si può usare in areo contro l’aria condizionata, ma anche al mare come pareo o copricostume.

Le scarpe, in genere, dovrebbero essere 3 paia. Una comoda per viaggiare, un paio di infradito (che vanno bene per la spiaggia, ma anche per fare la doccia) ed infine una scarpa più “carina”, come una ballerina o un sandalo, per eventuali occasioni più eleganti.

Per quanto riguarda le borse: 2 possono bastare. Una maxi da usare in viaggio o per la spiaggia e una più piccola da usare la sera.

Infine ci sono gli “accessori” che variano molto in base alla specifica destinazione scelta. Rientrano in questa categoria, per esempio, i costumi da bagno, le scarpe da trekking e così via.

3. Preparare la valigia

A questo punto non resta che piegare tutto e metterlo in valigia!

Per occupare meno spazio e sfruttare bene ogni angolino della valigia, io uso il metodo di Marie Kondo e divido vestiti e accessori vari con degli organizzatori da viaggio. Si tratta di una serie di sacchetti e buste di varie dimensioni che tengono in ordine la valigia.

Leggi anche: MINIMALISMO IN VIAGGIO – perché è bello viaggiare leggeri.

IKIGAI: IL SEGRETO DELLA FELICITA’

Ikigai è una parola giapponese che non ha un vero e proprio corrispettivo né in italiano, né in altre lingue.

Indica una vita ricca di significato, vissuta con pienezza e consapevolezza.

Le persone che conoscono il proprio ikigai si sentono appagate, hanno un buon motivo per alzarsi la mattina e per affrontare le sfide della quotidianità, oltre a godere, in generale, di una più alta prospettiva vita.  

SIGNIFICATO E ORIGINE DELL’IKIGAI

In giapponese Ikigai si scrive così: 生き甲斐

Il termine “iki” significa vita, mentre “gai” vuol dire senso, scopo, valore. Quindi potremmo tradurre letteralmente con “il senso della vita”.

In sostanza il termine ikigai si riferisce allo stato d’animo di una persona che conosce il significato della propria vita, che prova sentimenti di soddisfazione ed appagamento interiore. Una persona entusiasta, motivata e dotata di grande energia.

Secondo la filosofia tradizionale giapponese, ognuno ha il proprio Ikigai. Basta solo trovarlo e seguirlo per essere felici.

Questo concetto si pone come un’evoluzione dei principi di base della salute e del benessere della medicina tradizionale giapponese. Secondo quest’ultima, infatti, il benessere fisico è influenzato dalla salute mentale ed emotiva, nonché dall’avere uno scopo nella vita.

La psicologa giapponese Michiko Kumano, nel 2017, ha affermato che l’ikigai è “uno stato di benessere che nasce dalla devozione alle attività di cui si gode, che porta anche un senso di appagamento”. Michiko ha accomunato l’ikigai al concetto greco di eudaimonia, ossia una vita ben vissuta, che conduce alla forma di felicità più alta e duratura, molto diversa dal piacere fugace tipico dell’edonia.

Ken Mogi, il neuroscienziato autore di Awakening your Ikigai, afferma che l’ikigai è un concetto antico e familiare per i giapponesi, che può essere tradotto semplicemente come “un motivo per alzarsi la mattina” o, più poeticamente, come “svegliarsi alla gioia”.

In effetti, anche senza essere degli studiosi della mente umana, appare chiaro che le persone che non sanno quale sia il loro scopo e non avvertono un significato profondo nelle loro vite, vivono con meno energia ed entusiasmo di chi sa quali obiettivi vuole raggiungere ed ogni giorno vi si dedica con gioia.

IL CASO DI OKINAWA

Okinawa è una delle isole Ryukyu, si trova nell’arcipelago giapponese che separa l’Oceano Pacifico dal Mar Cinese Orientale.

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Fonte: Pixabay

E’ un piccolo paradiso noto come “l’isola dei centenari”. Ad Okinawa, infatti, non solo si trova una delle più elevate concentrazioni di centenari al mondo, ma l’isola ha anche l’invidiabile primato di vantare una popolazione eccezionalmente vitale ed in buona salute. Gli anziani di Okinawa non sono dei vecchietti sopraffatti dal peso degli anni, ma delle persone attive e vitali.

Okinawa è anche il primo esempio a cui si pensa quando si parla delle zone del mondo in cui l’ikigai è più intenso.

Lo studioso statunitense Dan Buettner, nel suo libro Lezioni di lunga vita. Le zone blu. I segreti delle popolazioni ultracentenarie, mette a confronto 5 aree del mondo (tra cui l’isola di Okinawa e la nostra Barbagia),  in cui la popolazione appare più longeva ed in buona salute rispetto alla media.

Il suo studio ha rilevato che alla base del segreto della longevità e della qualità della vita degli abitanti di queste aree ci sono elementi quali: la dieta, l’attività fisica, le relazioni sociali, la gestione dello stress e lo scopo vitale… l’ikigai, appunto!

COME TROVARE IL PROPRIO IKIGAI

Innanzi tutto l’ikigai è una cosa che abbiamo tutti, anche chi non l’ha ancora trovato.

Una volta scoperto, l’ikigai, funziona come una bussola che ci dirige verso le cose per le quali proviamo un sincero interesse, che ci rispecchiano e rispondono ai nostri bisogni. Inoltre, poiché siamo tutti in continua evoluzione, anche il nostro ikigai può cambiare nel corso del tempo. Cose che in una certa fase della vita sembravano molto importanti possono perdere di significato con il passare degli anni. È normale.

Semplificando si può dire che il nostro personale ikigai si basa su 4 grandi aree tematiche:

  • Le cose che amiamo fare;
  • I nostri punti di forza, ciò che siamo bravi a fare;
  • Ciò di cui il mondo ha bisogno;
  • Le cose per cui veniamo remunerati o potremmo esserlo
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Fonte: Pixabay

Il classico schema per individuare l’ikigai è composto da 4 cerchi che si intersecano. Ognuno corrisponde ad una di queste aree tematiche e va compilato in base alle proprie preferenze.

All’incrocio tra ciò che si ama e ciò in cui si è bravi ci sono le proprie passioni.  Nella zona di intersezione tra ciò che si ama e ciò di cui il mondo ha bisogno c’è la propria missione.

All’incrocio tra ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui si può essere pagati c’è la propria vocazione. E all’incrocio tra ciò in cui si è bravi e ciò per cui si può esser pagati c’è la propria professione.

La parte centrale, in cui tutti i cerchi s’intersecano, è la più importante. Quella che indica il proprio ikigai.

Tuttavia l’ikigai è un concetto molto profondo, difficilmente riconducibile ad un test o ad uno schema. Alcune volte abbraccia tutte le aree tematiche, altre volte no.

Per esempio, per un artista che ha trovato il proprio ikigai nella pittura, entrano in gioco tutti e quattro i livelli. Per lui la pittura è qualcosa che ama fare, ma anche qualcosa che è bravo a fare, con cui contribuisce a rendere il mondo un luogo più bello, e per cui potrebbe ricevere un compenso.

Questo però non significa che l’ikigai appartiene solo a coloro che hanno un’unica grande passione, come l’artista che è riuscito a fare della pittura il suo mestiere. Spesso l’ikigai è qualcosa di più piccolo e meno appariscente, qualcosa a cui – erroneamente! – non si da troppa importanza. L’ikigai di una persona potrebbe essere quello di aiutare un amico, imparare una lingua straniera, leggere libri per immergersi in realtà sconosciute…l’ikigai può essere qualsiasi cosa, dai grandi progetti alle piccole cose della quotidianità.  

Leggi anche: SLOW LIFE: VIVERE CON LENTEZZA

COME FARE DECLUTTERING

Con la primavera ormai alle porte, è il momento giusto per fare decluttering ed affrontare la nuova stagione con più leggerezza.

Il decluttering è una pratica che consiste nel liberarsi del superfluo. Il termine inglese clutter significa confusione/disordine, mentre de è una particella privativa. Quindi si tratta letteralmente di eliminare il disordine e rendere i nostri spazi puliti, liberi ed organizzati.

Il decluttering, tuttavia, non si riduce alla semplice eliminazione degli oggetti superflui, ma è una vera e propria filosofia di vita orientata all’essenziale. Infatti eliminare ciò che non serve sembra che produca un reale beneficio anche a livello interiore. E’ un modo per vivere nel presente e liberarsi del passato.

Lessi s more. Possedere meno per vivere meglio.

Tutti bei concetti, eticamente ineccepibili, la messa in pratica è un’altra cosa.

Vediamo quindi alcuni consigli pratici su come iniziare a fare decluttering.

TECNICHE DI DECLUTTERING

Esistono migliaia di libri, di articoli e di video dedicati a questo tema. Alcuni sono famosissimi come “Il magico potere del riordino” di Marie Kondo , altri davvero originali.

Ecco alcune delle tecniche di decluttering più diffuse:

  • Tecnica dei 5 minuti: consiste nel dedicarsi al decluttering ogni giorno per 5 minuti;
  • Un oggetto al giorno: prevede di liberarsi di una cosa ogni giorno;
  • Schema 12-12-12: consiste nello stilare una lista con 12 cose da buttare, 12 da donare e 12 da restituire ai legittimi proprietari;
  • Tecnica delle quattro scatole: si tratta di dividere gli oggetti in 4 categorie ognuna delle quali è rappresenta da una scatola: da buttare, da donare, da tenere e da riciclare.

Tutte queste tecniche hanno in comune una cosa: servono a rendere meno spaventoso il compito di ripulire e disfarsi del superfluo. Ovviamente non esiste una regola magica che vada bene per tutti, ogni caso è a se e possono esserci infinite variabili.

Tuttavia è sempre utile suddividere un grande obiettivo in tanti piccoli step. Se decidiamo di declutterare contemporaneamente tutta la casa l’operazione potrebbe sembrarci tanto immane da indurci a desistere senza neanche averci provato. Se invece creiamo degli step tutto si semplifica.

Per esempio si potrebbe iniziare il declutterig dalla macro-categoria “abbigliamento”, per poi suddividerla in micro-categorie come: “maglie”, “pantaloni”… In questo modo ci troveremmo a dover affrontare un solo passo alla volta e tutto sembrerà più semplice. Eliminare le maglie che non ci servono più è molto meno “spaventoso” rispetto al dover eliminare tutti gli oggetti superflui della nostra casa!  

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CONSIGLI PRATICI

Innanzitutto, prima di mettersi all’opera, è bene sapere che il decluttering è un lavoro che richiede tempo (probabilmente di quanto ci si aspetterebbe!) e comporta un certo coinvolgimento emotivo, soprattutto quando si tratta di liberarsi di cose che sono anche “ricordi”. Quindi è meglio iniziare quando si ne ha tempo e anche la giusta predisposizione mentale.

Il vero segreto del decluttering è l’equilibrio.

Da una parte non bisogna lasciarsi sopraffare dall’idea di star buttando soldi dalla finestra.

Liberarsi di oggetti, casomai anche nuovi e costosi, potrebbe sembrare uno spreco, ma la soluzione non è continuare ad avere la casa piena di cose che non ci servono solo perché le abbiamo pagate molto. Semmai dovremmo considerare quel denaro come un investimento che ci ha reso veramente consapevoli di quello che ci serve oppure no!

Dall’altra parte, però, non si deve neanche esagerare buttando via tutto!

E’ facile cadere nella trappola del “butto tutto” perché è vecchio e non mi piace più. La cosa più saggia è tenere, almeno per qualche tempo, almeno un paio di cose per tipologia in modo da capire con calma se possono essere sostituite, riparate o riciclate in qualche modo.

IL DECLUTTERING IN 5 PASSI

Il primo passo del decluttering è il “fuori tutto”.

Consiste nel tirare letteralmente tutto fuori dal cassetto, dall’armadio o da qualsiasi altra zona che si vuole ripulire. Gli oggetti dovranno essere disposti su una superficie (tavolo, letto, ecc.) in modo ben visibile. Questo è fondamentale per capire quante cose realmente abbiamo, poiché solo vedendo questi oggetti fuori dal loro posto abituale potremo prendere veramente coscienza della loro quantità! E’ incredibile, per esempio, come i vestiti, una volta tolti dall’armadio, non sembrino più così pochi come sembravano quando erano appesi!

Il secondo passo è pulire il “contenitore” (cassetto, armadio, ecc.) che è stato appena svuotato.

Il terzo passo consiste nel suddividere tutti gli oggetti in categorie. Le più comuni sono “da tenere” e “da togliere”. Ovviamente le categorie possono essere molte di più, dipende dalle varie esigenze.

Questa è la fase più lunga e delicata. Le cose che si decide di togliere dovrebbero essere direttamente accantonate in una busta o in uno scatolone, in modo da eliminare subito anche la confusione. Le cose da tenere, invece, sarebbe meglio averle sempre davanti agli occhi: sia per evitare doppioni, sia perché serviranno per il passo successivo.

Il quarto passo, infatti, è la riorganizzazione degli spazi. Non si tratta semplicemente di rimettere nel cassetto le magliette che sono “sopravvissute” al decluttering, si tratta invece di capire come è meglio organizzare quello spazio e se c’era qualcosa che non ha funzionato nel precedente sistema organizzativo. In caso di dubbio si dovrebbe scegliere sempre la semplicità. I social sono invasi da immagini di case con tanti bei contenitori colorati in cui riporre gli oggetti accuratamente suddivisi, ma la vita di tutti i giorni è diversa. Quindi l’organizzazione dovrebbe essere semplice e funzionale, non Instagrammabile!

Il quinto ed ultimo passo è il mantenimento.

Il decluttering è completamente inutile se ci si trova a dover rifare tutto dopo poco tempo.

Secondo Marie Kondo il decluttering è un’operazione che, nella sua accezione più radicale, andrebbe fatta una sola volta nella vita.

E’ chiaro che in questo caso si sta parlando di un mega decluttering.

Altri, di portata notevolmente più ridotta, possono essere fatti anche un paio di volte l’anno, per esempio approfittando  dei cambi di stagione. Tuttavia il vero segreto del decluttering è l’approccio mentale ed emotivo. E’ del tutto inutile liberarsi dell’eccesso per poi lanciarsi in uno shopping sfrenato solo per riempire lo spazio che si è liberato.

Lessi s more deve diventare innanzitutto una filosofia di vita.

Le superfici che non sono più coperte da oggetti non sono vuote, ma libere!

Il nostro valore non dipende dai capi firmati nel nostro armadio, ma dalle nostre qualità umane e personali.

COSA FARE CON “I RICORDI”

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Il decluttering è spesso accompagnato dalla brutta nomea di voler far si che le persone gettino via i propri oggetti cari.

Non è assolutamente così!

E’ normale avere in casa oggetti a cui siamo affezionati, che hanno una “storia” e suscitano in noi un forte attaccamento emotivo. Va benissimo voler conservare il primo vestitino del proprio figlio, il souvenir del viaggio di nozze o la sciarpa fatti ai ferri dalla nonna.

Però c’è da stare attenti quando questo attaccamento diventa irragionevole e fuori controllo tanto da vivere in una specie di “museo dei ricordi” dove gli oggetti veramente utili sono sepolti sotto cataste di cose che non servono ma “le conservo per ricordo”.

Un modo pratico e rispettoso di conservare questo genere di oggetti potrebbe essere quello della “scatola dei ricordi”. Così si va sia ad ovviare al problema degli armadi e dei cassetti stipati, sia a dividere questo tipo di oggetti da quelli di uso quotidiano. Avere uno spazio apposito per i ricordi fa sì che, quando ci si vorrà concedere un tuffo nel passato, sarà di più facile trovare una determinata cosa.

DECLUTTERING E POI…

Terminato il decluttering ci saranno tanti oggetti da togliere.

Queste cose andranno ulteriormente suddivise perché limitarsi a buttare tutto in blocco sarebbe una scelta poco etica e poco sostenibile.

Si tratta di capire cosa può essere donato, cosa può essere venduto e cosa debba essere effettivamente buttato.

Se non si hanno amici o parenti a cui donare le cose che abbiamo declutterato, si possono trovare facilmente associazioni benefiche che saranno molto liete di ricevere quegli oggetti!

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Se, invece, si vuole vendere qualcosa c’è solo l’imbarazzo della scelta! Ci sono App, mercatini e negozi fisici che aiutano a dare una seconda vita agli oggetti che a noi non servono più!

Se ti piacciono i temi del minimalismo, della crescita personale e della consapevolezza puoi leggere anche:

LA PROFEZIA DI CELESTINO

CRESCITA PERSONALE E CONSIGLI DI LETTURA – LA PROFEZIA DI CELESTINO

Districarsi tra le migliaia di libri dedicati alla crescita personale non è facile; del resto si tratta di un argomento estremante vasto e, dunque, affrontabile partendo da tantissime diverse prospettive!

In ogni caso, consultando le infinite liste di libri che si trovano sul web – spesso accompagnate da titoli roboanti tipo “I 10 libri di crescita personale che ti cambieranno la vita”-, non mi è mai capitato di trovarne una che includesse anche La profezia di Celestino.

Ok! Non sarà un tipico libro di crescita personale, ma affronta molte delle tematiche preferite dai “grandi classici” di questo settore.

Per esempio l’importanza di vivere il presente, che è l’argomento portante de Il potere di adesso di Eckhart Tolle, ma anche il rapporto che c’è tra l’energia dell’uomo e quella dell’universo, affrontato da Esther e Jerry Hicks nella serie di libri dedicati alla Legge dell’attrazione.  

LA TRAMA

La profezia di Celestino è un romanzo pubblicato nel 1993 dallo scrittore statunitense James Redfield.

La vicenda narrata ruota attorno ad un antico manoscritto ritrovato in Perù.

Il Governo e la Chiesa peruviani cercano in tutti i modi di distruggerlo e perseguitano coloro che ne sono in possesso.

Questo atteggiamento ostile da parte delle autorità è dovuto al fatto che il manoscritto contiene 9 rivelazioni (chiamate chiavi o illuminazioni) che sarebbero in grado di offrire una nuova interpretazione l’esistenza, in grado di mettere in discussione sia il potere civile che quello religioso.

Uno psicologo americano viene coinvolto nell’avventurosa ricerca del testo completo delle 9 illuminazioni che così vengono via via svelate al lettore.

LA PROFEZIA DI CELESTINO E LE  9 ILLUMINAZIONI

1. Le coincidenze

La prima illuminazione insegna a prendere seriamente le coincidenze che si verificano nella nostra vita, non limitandosi a considerale dei meri casi fortuiti!

Sono proprio le coincidenze, infatti, che rivelano l’esistenza di una realtà che va oltre il mondo fisico.

2. Un presente più esteso

Questa illuminazione introduce una particolare filosofia della storia.

Fino al Medio Evo il mondo fu dominato dalla Chiesa. Nel Rinascimento, però, gli uomini iniziarono ad emanciparsi e si ritrovarono improvvisamente a mettere in discussione un sistema di valori che durava da secoli. Allora l’umanità, sentendosi sperduta e priva di punti di riferimento, inviò degli “esploratori” con il compito di trovare un nuovo sistema di valori che potesse sostituire il vecchio.

Poiché il compito loro affidato era troppo arduo, gli esploratori tardarono a portare dei risultati soddisfacenti inducendo l’umanità a “distrarsi” concentrandosi su come fare per condurre una vita migliore.

Arrivò così lo sviluppo della scienza, della medicina e della tecnologia.

Quindi, con una visione del “presente più esteso”, si può dire che la stessa umanità che decise di ingannare l’attesa del ritorno degli esploratori dedicandosi a migliorare le proprie condizioni di vita, ormai giunta nel XX secolo, ha portato a termine questo obiettivo e dunque non ha più scuse per distrarsi dalla propria ricerca spirituale.

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Fonte: Unsplash

3. L’energia

La terza illuminazione spiega che tutto (uomini, piante, animali) è colmo di energia e che è possibile imparare ad usarla con consapevolezza. L’universo stesso, infatti, è energia pura e gli uomini, con i loro pensieri e le loro speranze, possono influenzarla.

4. La lotta per il potere

Secondo la quarta illuminazione l’umanità fa un cattivo uso dell’energia: uomini e donne cercano di rubarsela a vicenda spinti da un irrefrenabile desiderio di potere e controllo.

La capacità di osservare questo fenomeno e di prenderne coscienza riporta nella giusta direzione, la via del potenziamento dell’energia e dell’amore.

5. La vera fonte dell’energia

Questa illuminazione insegna che tutte le lotte per il potere sono inutili perché, anziché di cercare di rubare l’energia ai loro simili, gli uomini possono imparare ad attingerla da una fonte comune e superiore attraverso esperienze mistiche.

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In sostanza quando si impara ad entrare in contatto con il divino che è in noi i conflitti, le incertezze e la violenza scompaiono per lasciare posto all’amore ed alla verità.

6. Comprendere il passato

Comprendere il passato, diventare consapevoli di come ci abbiano influenzato i vari tipi di persone con cui ci siamo relazionati a partire dall’infanzia, ci consente di fare chiarezza in noi stessi. Di capire quali sono le lezioni che abbiamo imparato, qual è la nostra missione di vita e quali sono i talenti ed i doni che possiamo mettere a disposizione di noi stessi e degli altri.

7. Lasciarsi andare al flusso della vita

Conoscere e vivere la nostra missione di vita ci conduce a vivere intensamente segni e coincidenze.

Possiamo imparare a porre le giuste domande per ottenere le giuste risposte attraverso l’analisi di sogni, fantasie ad occhi aperti ed intuizioni.

Tutte queste cose, infatti, ci indicano la strada che dobbiamo seguire, lasciandoci andare al flusso della vita.

8. L’etica interpersonale

Impostare correttamente le relazioni interpersonali serve ad evitare che gli altri – soprattutto i bambini! – sviluppino una forma di dipendenza da noi come unica fonte di energia.

Tutti, infatti, dovrebbero essere in grado di attingere energia autonomamente dall’universo.

9. La cultura emergente

L’ultima illuminazione è anche la più misteriosa.

Annuncia una nuova era di maggiore consapevolezza per tutta l’umanità che saprà vivere in unione ed armonia con l’intero universo.

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CONCLUSIONI

La profezia di Celestino è un romanzo figlio del suo tempo e quindi affronta molte delle tematiche proprie della filosofia New Age – che spopolava nella California dei primi anni ’90! – come: il mondo visto come energia, le vibrazioni, l’idealizzazione romantica delle culture pre-colombiane e la ricerca dell’armonia con la natura.

Dal punto di vista puramente letterario, invece, lo spunto narrativo è offerto da un misterioso manoscritto che la Chiesa cerca di distruggere. Si tratta di un topos già ampiamente collaudato e di sicuro successo… basta vedere Il nome della Rosa!

Inoltre il romanzo termina con un classico finale aperto che lascia spazio alla nascita di sequel che, infatti, sono puntualmente arrivati negli anni seguenti: La decima illuminazione, L’undicesima illuminazione (inizialmente pubblicata con il titolo Il segreto di Shambhala) e La dodicesima illuminazione.

Al di là di queste valutazioni “tecniche” resta, però, il fatto che si tratta di una lettura molto piacevole ed interessante, in grado di far riflettere ed aprire la mente.

Infatti, quello che nelle prime pagine de La profezia di Celestino si presenta come un viaggio fisico, si rivela, in realtà, un percorso spirituale che guida il lettore attraverso una nuova visione della vita, del rapporto con se stessi e con il resto del mondo.

SLOW LIFE: VIVERE CON LENTEZZA

La Slow life può essere definita come l’arte di vivere con lentezza.

Si tratta di uno stile di vita nato come evoluzione del movimento italiano Slow food che, a partire dagli anni ’80, ha promosso l’importanza di un’alimentazione sana e legata alla tradizione come antidoto al dilagare dei fast food.

Siamo immersi una società in cui tutto è veloce e fluido, in cui tutti sono costantemente presi dalle scadenze, dal rispetto degli orari, dagli impegni familiari e professionali. Sembra che manchi il tempo per fare tutto! Sempre proiettati nel futuro, sul prossimo obiettivo da raggiungere, sulla prossima cosa da depennare da un’infinita to do list!

Non c’è da sorprendersi quindi se le patologie legate allo stress sono sempre più diffuse. Viviamo gran parte del nostro tempo proiettati verso modelli di vita e di lavoro sempre meno umani, che puntano al risultato senza preoccuparsi – eticamente!- del processo che consente di arrivare a quel risultato.

Circondati come siamo da competitività ed aggressività, non ci resta che sopravvivere.

Una vacanza, una lezione di yoga o qualche tecnica di rilassamento possono aiutare, certo, ma comunque si tratta solo di rimedi, non di vere soluzioni. Quello che serve è un cambio radicale di prospettiva, un nuovo paradigma che consenta di affrontare tutto in modo diverso.

E’ qui che entra in gioco la filosofia Slow life.

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In sintesi si tratta di riprendere contatto con il presente, senza sentirsi costantemente proiettati nel futuro; riappropriarsi in modo consapevole della propria vita; darsi tempo; concedersi una passeggiata nella natura; mangiare sano; rivedere i propri ritmi di lavoro e le proprie scelte. E poi, ancora: darsi la possibilità di cambiare, di sperimentare strade nuove, eliminare il superfluo per dedicarsi a ciò che è veramente importante, consumare meno e meglio, tendere alla semplicità.

SLOW LIFE E SLOW TRAVEL

La filosofia “Slow” si adatta anche ai viaggi.

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Il viaggio lento è un cambio di mentalità rispetto alle idee tradizionali del turismo, basato sull’apertura a nuove esperienze che consentano un’immersione completa nel luogo in cui si va.

Viaggiare lentamente significare, per esempio, scegliere di affittare una casa anziché soggiornare in un hotel, in modo da poter mantenere i propri ritmi; esplorare l’ambiente circostante a piedi o in bici; guidare lungo strade secondarie invece di prendere l’autostrada; non cercare di “massimizzare” ogni ora del nostro tempo correndo da un posto da visitare all’altro, ma restare in un luogo abbastanza a lungo per conversare con qualcuno o fare acquisti al mercato locale.

Molto spesso tendiamo a concentrare il più possibile le cose da fare. Abbiamo un solo week-end per visitare una città? Allora dobbiamo sfruttare al massimo ogni momento. Dobbiamo assolutamente visitare 15 chiese e 10 musei al giorno. Inutile dire che di tutte quelle cose, una volta tornati a casa, ricorderemo poco o niente. Quello che resterà sarà solo la frustrazione di essere andati in un posto senza “esserci stati” veramente.

Diventare slow è un cammino. Un processo graduale, di crescita e trasformazione!

Ti lascio il link ad altri articoli che ho scritto su temi simili:

https://viaggiastorie.blog/2022/04/25/il-viaggio-come-strumento-di-crescita-personale/

https://viaggiastorie.blog/2022/03/28/minimalismo-in-viaggio-perche-e-bello-viaggiare-leggeri/

https://viaggiastorie.blog/2021/11/08/consigli-per-viaggiare-consapevolmente/

IL VIAGGIO COME CRESCITA PERSONALE

Esploriamo il rapporto tra i viaggi e la crescita personale!

Il viaggio è usato spesso come metafora della vita … e non è un caso.

Un viaggio è come il riassunto di una vita: ha un inizio ed una fine, e nel mezzo tutta una serie di opportunità da cogliere, difficoltà da affrontare ed emozioni da vivere.

Viaggiare, come anche vivere, significa cambiare, sperimentare, sentirsi spaesati, conoscere, diventare più consapevoli di se e del mondo che ci circonda.

Non mi è mai piaciuta la teoria del viaggio come fuga dalle difficoltà della vita quotidiana.  

Al contrario ho sempre sostenuto l’idea del viaggio come un utile strumento di crescita personale, perché a volte prendere le distanze e guardare la quotidianità da una diversa prospettiva può servire a chiarirsi le idee.

Se è vero che il viaggio ha già di per se stesso tutto il potenziale per essere un vero e proprio strumento di crescita personale, però è anche vero che – come avviene in ogni scelta e decisione – è necessaria la partecipazione attiva dell’individuo per far sì che questo potenziale si attivi e diventi un reale e concreto cambiamento.

IL VIAGGIO COME STRUMENTI DI CRESCITA PERSONALE: CONSIGLI UTILI

  • Fare a meno delle abitudini
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La nostra quotidianità  in genere è scandita da ritmi ed attività che si ripetono giorno dopo giorno, anche quando si conduce una vita dinamica e variegata.

Cambiare il panorama che si vede affacciandosi alla finestra, i rumori che si sentono al mattino appena svegli, il letto in cui si dorme, gli orari o i mezzi di trasporto può essere vissuto come un disagio poiché comporta la destabilizzazione di un equilibrio, ma è proprio la rottura delle abitudini ad aprire la porta al cambiamento.

  • Sperimentare nuovi sapori
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Ci sono persone che diffidano istintivamente dei cibi sconosciuti o degli accostamenti tra pietanze mai sperimentati prima.

Questo accade perché il cibo ed in generale le usanze a tavola rappresentano una forte fonte di identificazione. Qualcosa di profondamente radicato nella nostra identità culturale, che dunque ci da sicurezza.

E’ proprio per questo che un cambiamento può essere utile.

Una modifica, anche piccola, nelle nostre abitudini alimentari può trasformarsi in un arricchimento, un ampliamento di coscienza e conoscenza.

  • Conoscere la cultura e le persone del posto
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Tutti noi siamo soggetti, in varia misura, a condizionamenti culturali, sociali ed educativi a cui tentiamo di conformarci e che ci portano ad esclude altri modi di pensare, di agire e di vivere, influenzando le nostre convinzioni su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.

Viaggiando abbiamo la possibilità di entrare in contatto con culture completamente diverse dalla nostra, dove vigono regole e paradigmi differenti.

Cercare di conoscere e capire queste diversità può aiutarci ad allargare i nostri orizzonti ed arricchire il filtro attraverso cui vediamo il mondo.

Leggi anche:

MINIMALISMO IN VIAGGIO

Minimalismo e viaggi: perché è bello viaggiare leggeri.

È passato qualche tempo da quando mi sono avvicinata ad uno stile di vita minimalista e al viaggiare minimal. Questo percorso è iniziato casualmente – ed in modo non del tutto consapevole! – quando ho iniziato a chiedermi se le cose che mi circondavano e che riempivano la mia casa e la mia vita mi rendevano davvero felice.

Ma andiamo con ordine.

Cos’è il minimalismo? Cosa significa vivere in modo minimalista? E cos’è il minimalismo in viaggio?

Quando si parla di minimalismo la prima cosa che mi viene in mente la parola semplicità.

I “primi minimalisti” furono degli artisti americani che durante gli Anni 60 provarono a rivoluzionare la pittura e l’architettura riducendola “al minimo”. Successivamente, agli inizi del Duemila, in Giappone, il minimalismo si è trasformato in un vero e proprio stile di vita.

Nagisa Tatsumi, educatrice e autrice giapponese, e la famosissima Marie Kondo sono state le principali divulgatrici di una filosofia basata sul riordino come modo per raggiungere il benessere mentale attraverso uno stile di vita più intenzionale e minimalista.

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Il minimalismo spesso nasce dalla volontà di semplificare la propria vita (o almeno così è stato per me!).

E’ una scelta che ha molte implicazioni a livello mentale ed emotivo. Aiuta ad individuare quali sono le cose (materiali ed immateriali) che contano davvero.

Trasferire questo stile di vita anche ai viaggi è solo una naturale conseguenza. Questo, però, non significa necessariamente viaggiare per il mondo con uno zainetto minuscolo, ma piuttosto iniziare a fare scelte più consapevoli.

Così ho deciso di raccogliere alcune idee sul viaggiare in modo minimalista, sperando di incuriosirti. Secondo me il minimalismo in viaggio – come nella vita!- non è sinonimo di “rinunciare”, quanto piuttosto di “aggiungere”. Aggiungere consapevolezza, semplicità, spazio e libertà.

Consigli utili

Iniziamo col fare i bagagli…

  • Il minimalismo parte dalla valigia
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Ho passato anni a preoccuparmi di aver portato tutto (da casa) e di non aver lasciato niente (in hotel).

Poi – finalmente! – ho capito che portare meno cose ha il potere di sgombrare la mente e liberarla da tante preoccupazioni.

Viaggiare con meno cose significa avere meno cose di cui preoccuparsi, ma soprattutto significa avere spazi “vuoti” per concentrarsi sul resto: luoghi, persone, odori, colori…

Questo è uno dei risvolti più belli del viaggiare leggeri!

  • Meglio poco, ma buono

Viaggiare minimal non significa essere sciatti o mal vestiti, ma portare solo quello che serve.

Hai presente quella mole di vestiti che hai pigiato in valigia perché “non si sa mai”, ma poi ritornano sempre a casa puliti? Ecco!… Loro non servono!

In pratica: essere minimalista mentre si prepara la valigia significa scegliere con logica i capi da portare in base alla propria meta, al tipo di viaggio, alla sua durata, ecc…

I capi di buona qualità ci accompagnano per anni, sia in viaggio che nella vita di tutti i giorni.

Il fast fashion, invece, dura poco prima di iniziare a deformarsi, stingersi e logorarsi. Quindi, come direbbe la nonna: “meglio poco, ma buono!”.

  • Minimalismo, sostenibilità e risparmio
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Il minimalismo in viaggio è anche sinonimo di sostenibilità e risparmio.

L’esempio perfetto di come questi temi siano legati tra loro sono i souvenir.

Il minimalismo, infatti, aiuta ad essere più intenzionali rispetto a ciò che si acquista.

Questo significa che:

1. non ti metterai ad accatastare souvenir (e i soldi risparmiati potrai sempre investirli in un altro viaggio!); 2. se proprio vorrai acquistare qualcosa, potrai sempre scegliere oggetti di artigianato locale o prodotti tipici (anziché qualche patacca made in china).

In questo modo il tuo acquisto non sarà solo il ricordo di un viaggio, ma anche un modo per dare il tuo contributo alla comunità locale, che ti ha accolto e ospitato!

Se poi eviti di farti dare una busta di plastica per ogni oggetto che compri, anche il pianeta ne sarà contento!

In sintesi viaggiare minimal è un po’ questo: tralasciare il superfluo ed entrare in sintonia con il vero significato del viaggio per esplorare il mondo, dentro e fuori di te.

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VIAGGI E MINDFULNESS

Viaggi e Mindfulness: consigli pratici per viaggiare in modo più consapevole.

Negli ultimi anni sembra quasi che i viaggi siano diventati una gara a chi va nel posto più esclusivo, oppure a chi si diverte di più. I social sono pieni di foto scattate non tanto per avere un bel ricordo del proprio viaggio, quanto piuttosto per ragioni di accettazione sociale o per suscitare invidia in chi le guarda.

Per poter scattare belle foto, però, si deve sempre apparire perfetti, ben vestiti, con trucco e capelli in ordine e questo non solo può generare frustrazione – perché le foto non vengono sempre come vorresti e comunque non è umanamente possibile essere sempre perfetti!- ma ci allontana da quello che dovrebbe essere lo spirito del viaggio.

Il viaggio, infatti, è una di quelle esperienze che ci invita ad essere più che ad apparire!

Per superare questo problema ho creato una mia personale “lista di buoni propositi” per viaggiare con più consapevolezza. Perché, anche se può sembrare contraddittorio, è necessario avere delle regole per vivere l’esperienza del viaggio più liberamente, superando alcuni meccanismi imposti dalla società.

Si tratta di regole semplici ed utili per avere il giusto mindset sia prima che durante il viaggio e ad essere, in generale,  più consapevole.

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MINDFULNESS: REGOLE DI VIAGGIO

  • Informarsi sul luogo che si sta per visitare

Serve ad essere più preparati, a conoscere un po’ la cultura e le tradizioni del posto, a sapere cosa visitare e come organizzare al meglio il proprio tempo in base ai propri gusti.

  • Viaggiare leggeri

Quando si prepara la valigia si dovrebbe sempre tenere a mente che non si sta organizzando un trasloco! Avere meno cose, meno oggetti a cui pensare, aiuta ad essere più focalizzati su cosa si sta per visitare, sulle esperienze che si possono fare…

  • Praticare la “bellezza naturale”

Io sono la prima a voler apparire carina e in ordine, ma tra questo e trascorre ore e ore davanti lo specchio c’è una bella differenza! Se abbiamo deciso di andare in certo posto evidentemente è per poterlo visitare e non per passare il tempo a prepararci in una camera di hotel.

  • Non comprare souvenir

Intendo quelli di bassa qualità prodotti in qualche fabbrica cinese. Se  proprio vuoi un oggetto che ti ricordi il tuo viaggio puoi sempre scegliere un prodotto di artigianato locale!

  • Mangiare locale e possibilmente rispettando la stagionalità

Anche il cibo è un modo per avvicinarsi alla cultura di un luogo, quindi scegli locali gestiti da persone del posto e sperimenta piatti tipici.

  • Inquinare il meno possibile

La consapevolezza riguarda anche l’ambiente, quindi è importante cercare di ridurre al minimo il nostro impatto. Bastano poche semplici accortezze come evitare la plastica monouso, avere sempre con se una borraccia o una borsa riutilizzabile.

  • Vivere il momento

Questa è la cosa in assoluto più difficile: cercare di essere veramente presenti “qui ed ora”!

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CRESCITA PERSONALE E VIAGGI

Alcuni anni fa, in modo del tutto casuale, mi sono imbattuta nel mondo della crescita personale. Da allora ho cercato di approfondire queste tematiche applicandole anche alla mia grande passione per i viaggi.

Ma andiamo con ordine.

Dovevo fare il “cambio di stagione” del mio armadio. Avevo tanti vestiti e poco spazio e stavo cercando un sistema per stipare tutto nel modo più preciso possibile.

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Ho cercato su google e mi è apparsa Marie Kondo, la fata zen dell’ordine.

Avevo già sentito parlare di lei e del suo metodo, ma pensavo che un libro intitolato “Il magico potere del riordino” fosse rivolto a disordinati cronici con tendenze da “accumulatori seriali” e non a persone come me che, già per natura, tendono ad essere estremamente ordinate. Comunque – forse perché quel cambio di stagione mi stava davvero esasperando!- decisi di darle una chance. 

Iniziai a vedere dei video ed a leggere degli articoli. Poi comprai i suoi libri.

Quello fu solo il principio!

In pochissimo tempo passai dal tema del decluttering, a quello del minimalismo e poi all’intenzionalità, alla consapevolezza, alla mindfulness… in breve avevo scoperto un mondo!

E pensare che volevo solo riordinare l’armadio!

crescita personale: l’inizio

Non sono un’esperta di crescita personale, anzi è relativamente da poco che mi sono avvicinata a questi temi, tuttavia trovo che siano molto interessanti e mi piace l’idea di poter condividere questo percorso!

Con l’espressione “Crescita personale” si intende un processo di cambiamento teso a migliorare noi stessi ed il rapporto con gli altri attraverso lo sviluppo delle nostre potenzialità. In sostanza l’obiettivo è “diventare la migliore versione di se”.

Facile, no?

La prima cosa che ho notato da quando ho iniziato questo percorso è stata la graduale scomparsa di alcuni preconcetti. Prendiamo il minimalismo, per esempio. Nella mia mente era legato al clichè di una casa semi vuota e off-white. La verità è che non è così.

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Il minimalismo non è solo uno stile di arredamento (che può piacere o meno!), ma è soprattutto uno stile di vita, un modo di essere.

“Less is more” significa avere meno cose di cui occuparsi o meno impegni da gestire per avere più tempo per fare ciò che realmente ci interessa, per stare con le persone che per noi sono importanti e apportano valore alla nostra vita. Significa liberarsi del superfluo per occuparsi solo dell’essenziale.

Inoltre il minimalismo non è una gara a chi ha di meno! Io posso considerarmi minimalista possedendo 10 oggetti, mentre un’altra persona può farlo possedendone 50. Non c’è una regola fissa, si tratta di un atteggiamento interiore.

VIAGGI E TURISMO CONSAPEVOLE

I temi della crescita personale mi hanno appassionato da subito e per me è stato naturale cercare di capire come adattarli all’altra mia grande passione, i viaggi.

Ho trovato la sintesi perfetta nel “Turismo Consapevole”, una cosa che già facevo istintivamente da tempo senza sapere che avesse un nome specifico e delle “regole ufficiali”.

Viaggiare con consapevolezza significa essere parte attiva del viaggio. Raggiungere un luogo non solo per scattarsi un selfie e poterlo depennare dalla lista delle cose da fare, ma per vivere un’esperienza, per conoscere culture e tradizioni diverse dalla propria.

Viaggiare in questo modo spinge a riconsiderare se stessi!

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Fortunatamente, negli ultimi anni, è aumentata molto la sensibilità nei confronti del turismo consapevole ed anche l’ONU è intervenuta sul tema riconoscendo “l’importanza del turismo internazionale, e in particolare la designazione di un anno internazionale del turismo sostenibile per lo sviluppo, per promuovere una migliore comprensione tra i popoli in tutto il mondo, nel condurre ad una maggiore consapevolezza del ricco patrimonio di varie civiltà e al raggiungimento di un migliore apprezzamento dei valori intrinseci di culture diverse, contribuendo così al rafforzamento della pace nel mondo”.

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