PONZA: COME ARRIVARE E COSA VISITARE

Ponza è la più grande delle isole che costituiscono l’Arcipelago Ponziano. Si trova proprio davanti al Golfo di Gaeta, a circa 21 miglia nautiche a sud di San Felice Circeo.

Le atre isole dell’arcipelago sono: Gavi, Zannone, Palmarola, Ventotene e Santo Stefano. Tra loro soltanto Ponza e Ventotene sono abitate permanentemente.

Eugenio Montale definì Ponza un paradiso in terra, tanto gli apparve magnifica quest’isola dove il blu del mediterraneo si mescola al bianco delle scogliere ed al giallo delle ginestre.

PONZA: UN PO’ DI STORIA

L’isola di Ponza è stata abitata fin dal Neolitico.

Venne occupata dai Volsci, poi dai Fenici e dai Greci. Il suo nome, infatti, deriverebbe dal greco antico Pòntos, Πόντος o Pontia, Πόντια, ossia “mare”.

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In epoca romana Ponza si sviluppò enormemente diventando una cittadina fiorente e popolata che ospitava sfarzose ville patrizie. Successivamente l’imperatore Augusto trasformò l’isola in luogo di esilio per illustri personaggi politici.

Durante il Medioevo, grazie all’opera dei monaci benedettini, rimase un fiorente centro commerciale e religioso. Tuttavia il loro lavoro fu pressoché vanificato quando, a partire dal IX secolo, Ponza fu oggetto di feroci razzie da parte dei pirati saraceni.

Nel 1542 l’imperatore Carlo V diede l’isola in feudo a Pier Luigi Farnese. Circa due secoli dopo, nel 1734, Elisabetta Farnese, madre di Carlo III di Spagna re di Napoli, cedette l’intero arcipelago delle Ponziane al figlio che avviò un’intensa colonizzazione, facendovi pervenire coloni soprattutto da Ischia. Durante il periodo borbonico vennero avviati una serie di lavori destinati a migliorare le condizioni di vita degli isolani. Molte di queste opere, come il porto, caratterizzano tutt’ora l’isola.

Nel 1928 il regime fascista destinò Ponza a luogo di confino degli oppositori politici. Vi furono inviati, dai Tribunali Speciali, Giorgio Amendola, Lelio Basso, Pietro Nenni, Mauro Scoccimarro, Giuseppe Romita, Pietro Secchia e Umberto Terracini. Lo stesso Mussolini fu poi prigioniero nell’isola dal 27 luglio al 7 agosto 1943.

COSA VISITARE

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La prima cosa che si vede arrivando a Ponza è la zona del porto. Andando oltre si incontra prima il centro storico e poi il Borgo di Santa Maria con il suo porticciolo, qui l’isola diventa un po’ meno turistica. Proseguendo ancora Ponza si restringe e diventa una striscia sottile, questa è la zona di Le Forna, la parte più selvaggia ed alta dell’isola.

Qui il turismo è veramente poco, le case sono più economiche e le spiagge sono meno affollate. Questa zona merita di essere visitata con attenzione, proprio per la sua autenticità. L‘interno dell’isola è montuoso ed attraversato dalle mulattiere che portano all’area vulcanica che è il cuore di Ponza.

L’isola è famosa soprattutto per le sue calette bianche e per l’acqua cristallina. Il suo mare è uno dei più belli del Mediterraneo. I suoi fondali caraibici, con relitti e grotte, ne fanno un paradiso per lo snorkeling ed il diving. Tuttavia Ponza non è solo mare. L’isola offre tantissime possibilità anche agli appassionati di trekking e di storia, grazie a due necropoli romane ed ai resti di sontuose ville imperiali.

Tra le mete imperdibili a Ponza ci sono:

IL FARO

Si trova in cima al Monte Guardia, il punto più alto dell’isola da cui si gode di uno splendido panorama sull’arcipelago pontino. Nei suoi pressi ci sono anche i resti di una necropoli romana.

SCOGLIO DELLA TARTARUGA

Lo Scoglio deve il suo nome alla somiglianza con una testuggine. Dalla chiesa di Le Forna si raggiunge a piedi percorrendo un breve sentiero da dove si accede ad una bellissima caletta. Il sentiero è stato inagibile per molto tempo ed è consigliabile percorrerlo con scarpe da trekking.

PISCINE NATURALI

Il “Fontone”, meglio conosciuto con il nome di “Piscine Naturali”, è un piccolo gioiello. Si tratta di una delle maggiori attrazioni turistiche dell’Isola di Ponza: delle “vasche” di pietra che si sono formate in seguito all’intensa attività vulcanica dell’Isola.

Sono raggiungibili da un sentiero via terra composto per la maggior parte da gradoni (circa 300) ricavati nella roccia. La difficoltà del sentiero è minima e la bellezza del paesaggio ripaga ampiamente dello sforzo fatto!

Poiché è possibile fare il bagno nelle piscine naturali, nel periodo estivo c’è sempre molta folla.

GROTTE DI PILATO

Si tratta di un complesso archeologico ipogeo e subacqueo risalente al I secolo a.C.

I Romani realizzarono questo sistema di grotte scavando il tufo, per l’allevamento delle murene.

Si trovano appena dopo il porto ed il loro nome è legato ad un’antica leggenda di cui fu protagonista Ponzio Pilato che, ancora lungi dall’essere il Governatore della Giudea, all’epoca era solo lo scapestrato rampollo di una nobile famiglia romana. Ufficialmente venne inviato a Ponza con l’incarico di sedare una rivolta. In realtà la famiglia voleva tenerlo occupato e lontano dai guai. L’espediente ebbe successo perché Pilato riuscì talmente bene nella sua missione che il Senato gli assegnò il grado di Governatore e lo mandò in Palestina per domare gli ebrei ribelli.

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GROTTA DI ULISSE

Si trova vicino alle Grotte di Pilato. È raggiungibile via mare, con un tour in barca oppure a nuoto. La grotta è piccola, ma grazie ad una apertura da cui filtra il sole si creano spettacolari giochi di luce.

FARAGLIONI DI PONZA

Il Faraglione del Calzone muto è una roccia solitaria che ricorda un po’ la forma di un pantalone. La leggenda vuole che un marinaio muto, volendo gridare la sua gioia per quel meraviglioso paesaggio e non potendo parlare, lanciò i suoi pantaloni sullo scoglio che ne prese la forma: il calzone del muto, appunto.

I Faraglioni della Madonna un tempo facevano parte della maestosa villa estiva di Augusto, ora invece si possono raggiungere solo via mare. Il loro nome deriva da una cappella scavata nella roccia dedicata alla Madonna della Salvazione.

CAPO BIANCO

In questo tratto di costa, in cui la roccia è di un bianco abbagliante, nidifica il Falco Pellegrino. Si può raggiungere solo via mare ed è l’ideale per fare birdwatching.

Fellini rimase talmente impressionato dalla natura di questo posto che decise di girarvi alcune scene del Satyricon.

LE SPIAGGE DI PONZA

Molte delle spiagge dell’isola sono raggiungibili solo via mare. Al porto di Ponza, ma anche nei vari porticcioli, si possono affittare gozzi o gommoni per circumnavigare l’isola, raggiungere le sue spiaggette e fare il bagno nei posti più belli.

Tra le spiagge più belle di Ponza ci sono Chiaia di Luna, la spiaggia del Frontone, la spiaggetta di Santa Maria e Cala Feola.

Quest’ultima è l’unica spiaggia di sabbia dell’isola. È piccola ed il fondale è basso, adatto anche ai bambini. C’è un chiosco attrezzato e si raggiunge in barca oppure a piedi percorrendo un breve sentiero e delle scalinate.

Cala Del Core, invece, è conosciuta come la spiaggia più romantica di Ponza. Sulla parete rocciosa che sovrasta la cala c’è una forma simile ad un cuore e, secondo una leggenda isolana, il suo nome è legato ad una storia d’amore tanto intensa quanto sfortunata.

INFORMAZIONI UTILI

Il periodo migliore per visitare Ponza è quello di maggio/giugno, oppure settembre. Durante l’estate ci sono sempre moltissimi turisti e diventa più difficile godersi a pieno la bellezza dell’isola.

La zona del porto è il punto di partenza di tantissime gite o escursioni che offrono la possibilità di fare il periplo dell’isola, di visitare le sue grotte e le cisterne romane, ma anche le altre isole dell’arcipelago.

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I traghetti per Ponza partono quotidianamente dai porti di Anzio, Formia, San Felice Circeo, Terracina e Napoli.

Ponza è lunga poco più di 7 km ed ha un’unica strada che la percorre da sud a nord, collegando le varie frazioni. È caldamente consigliato di imbarcarsi senza auto poiché, da giugno a settembre, la mobilità interna è molto limitata e prevede varie ZTL.

In ogni caso non mancano le alternative per muoversi sull’isola.

Gli autobus pubblici, che partono dal parcheggio di Via Banchina Nuova, a pochi metri dallo sbarco delle navi, collegano il porto con le varie frazioni. Il costo è di € 1,50 a persona per corsa.

Per chi, invece, vuole muoversi più liberamente c’è la possibilità di noleggiare, sempre nei pressi del porto, scooter, golf car, automobili e bicilette elettriche.

Infine ci sono taxi e NCC.

Se, invece, non è proprio possibile fare a meno dell’auto, sull’isola sono presenti parcheggi custoditi e non, esterni alle ZTL:

• Ponza Parking, in Strada Provinciale Ponza – Tre Venti al Km 0,280 (più comunemente chiamata via Panoramica);

• Parcheggio Santa Maria;

• Parcheggio incustodito nella frazione di Calacaparra.

GUIDA ALLA GALLERIA DEGLI UFFIZI

Consigli ed informazioni utili per organizzare la tua visita alla Galleria degli Uffizi di Firenze.

Gli Uffizi fanno parte del complesso museale denominato “Gallerie degli Uffizi” che comprende, oltre alla Galleria, anche il Corridoio Vasariano, le collezioni di Palazzo Pitti ed il Giardino di Boboli. Questi siti, insieme, costituiscono uno dei più importanti musei del mondo.

In questo tempio dell’arte è possibile ammirare opere di Giotto, Leonardo, Botticelli, Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Dürer e Rubens, solo per citarne alcuni. Proprio a causa dell’abbondanza di opere di ineguagliabile bellezza è facile sentirsi un po’ smarriti e non sapere esattamente da dove iniziare per organizzare al meglio la propria visita agli Uffizi. Ecco perché ho pensato di creare una guida con le informazioni di base per orientarsi nella Galleria e non perdere nessuna delle principali opere esposte.

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LA NASCITA DELLA GALLERIA DEGLI UFFIZI

Prima di partire alla scoperta delle opere d’arte esposte agli Uffizi, però, non si può non parlare delle origini dell’edificio che le custodisce, essendo esso stesso una pregevole opera architettonica.

Nel 1560 il duca Cosimo I de’ Medici volle riunire in un unico edificio le più importanti magistrature fiorentine (dette uffici). In questo modo, infatti, il vecchio Palazzo della Signoria sarebbe stato affiancato da una nuova sede governativa, consona alla potenza politica e militare di Firenze. Il luogo scelto per la costruzione dell’edificio fu un lembo di terra posto tra Piazza della Signoria ed il lungarno, nel quartiere popolare della Baldracca.

I lavori furono affidati a Giorgio Vasari ed il progetto prevedeva un edificio a forma di “U”, costituito da un braccio lungo a levante, da incorporarsi con l’antica chiesa di San Pier Scheraggio, da un tratto breve affacciato sul fiume Arno e da un braccio corto a ponente, inglobando la Zecca Vecchia.

Nel 1565 venne aggiunto un nuovo elemento alla struttura iniziale. Il duca, infatti, in occasione del il matrimonio del figlio Francesco con Giovanna d’Austria, ordinò di creare una via soprelevata e segreta tra Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti, la nuova residenza dei Medici. Nacque così il celebre Corridoio Vasariano.

L’opera iniziata da Cosimo I e Giorgio Vasari fu completata, però, dai loro successori: Francesco I e Bernardo Buontalenti.

Con il tempo l’edificio si arricchì di una serie di dipinti a grottesche, il nuovo duca fece allestire nella Loggia al secondo piano quello che si sarebbe rivelato come il nucleo iniziale della collezione della Galleria, mentre il Buontalenti creò la Sala della Tribuna ispirandosi alla Torre dei Venti di Atene descritta da Vitruvio nel primo libro dell’Achitettura.

Nel 1737 l’ultima discendente dei Medici, Anna Mara Luisa, affidò la Galleria ai Lorena imponendo, però, che le magnifiche collezioni d’arte restassero per sempre a Firenze con lo status di “beni inalienabili”.

PERCOSI DI VISITA

Al piano terra della Galleria troverai la biglietteria, gli ingressi e servizi vari come la caffetteria ed il guardaroba, salendo il cosiddetto “scalone granducale” arriverai al secondo piano, ovvero il punto di partenza della tua visita.

I percorsi suggeriti sono essenzialmente 2: quello veloce (che dura circa un’ora e mezza) e quello classico (della durata superiore alle 2 ore). Io ti suggerisco il percorso classico, che è anche quello che seguiremo idealmente in questo articolo.

Comunque, in breve, il percorso veloce riguarda il secondo piano del museo e consente di scoprire tutti i massimi capolavori del Rinascimento che hanno reso celebre la Galleria degli Uffizi nel mondo. In questo caso l’uscita è tramite lo “scalone dei Lanzi” che, una volta percorso, non dà più la possibilità di accedere ai servizi guardaroba ed audioguide.

Invece il percorso classico si snoda tra il secondo ed il primo piano, al quale si scende tramite lo scalone Buontalenti, e consente di ammirare anche le opere del Rinascimento veneto (Tiziano e Giorgione), del Cinquecento, della Controriforma, di Caravaggio e Rembrandt.

VISITARE LA GALLERIA DEGLI UFFIZI: IL SECONDO PIANO

Le prime sale del secondo piano sono dedicate alle opere del Duecento e Trecento.

Potrai ammirare la Madonna Rucellai di Duccio Boninsegna, la Maestà di Santa Trinità di Cimabue e la Madonna di Ognissanti di Giotto. Queste opere colpiscono per la loro regale bellezza, per l’uso dei colori e per la capacità di comunicare un’idea di cambiamento. Infatti, anche senza essere dei grandi esperti di arte, è facile notare in loro il seme di quello che poi sarebbe diventato il Rinascimento!

Seguono le sale dedicate alla pittura del primo Rinascimento, dagli anni venti del Quattrocento alla metà del secolo. In questo gruppo di opere spiccano quelle di Masaccio, di Paolo Uccello e di Beato Angelico. Segue poi Filippo Lippi, sviluppatore delle proposte di Masaccio e traghettatore dell’arte fiorentina verso il cosiddetto “primato del disegno”. Qui si trova anche lo straordinario Doppio ritratto dei duchi d’Urbino di Piero della Francesca, una delle opere più iconiche dell’estetica rinascimentale.

Da qui è tutto un susseguirsi di impareggiabile bellezza.

Innanzitutto ci sono le sale dedicate Sandro Botticelli con capolavori come la Primavera e la celeberrima Nascita di Venere, ma anche la commovente Pallade e il Centauro, un’allegoria dell’animo umano diviso tra ragione ed impulsività, ma sempre guidato dalla sapienza divina.

Dopo la sala delle carte geografiche e lo Stanzino delle Matematiche c’è la Tribuna, una saletta ottagonale che rappresenta la parte più antica della galleria. Venne commissionata da Francesco I per sistemarvi tutti i pezzi più preziosi delle collezioni medicee. Divenne molto popolare ai tempi del Grand tour e pare che fu un’ispirazione per le Wunderkammer (camere delle meraviglie) di numerosi nobili europei.

Seguono le sale dedicate al Rinascimento fuori dai confini di Firenze con opere, tra gli altri, di Mantegna, Bellini ed Antonello da Messina.

Il tour delle sale del secondo piano termina con il Secondo Rinascimento. Qui troviamo Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Durer.

Innanzitutto sono esposte le opere che documentano gli esordi artistici di Leonardo da Vinci, partendo dal Battesimo di Cristo, opera del suo maestro Verrocchio nella quale il giovane Leonardo dipinse la testa dell’angelo di sinistra. Un’altra opera giovanile è l’Annunciazione. Mentre L’Adorazione dei Magi, rimasta incompiuta, trasmette il senso innovatore del genio di Leonardo, con una composizione originalissima incentrata sulla Madonna e il Bambino in un rutilante scenario di numerose figure in movimento.

Nelle sale successive si può ammirare il capolavoro di Michelangelo noto come il Tondo Doni, una sacra famiglia conservata nella sua cornice originale, probabilmente disegnata dallo stesso Michelangelo. Quest’opera è tra le più emblematiche del Cinquecento e di grande importanza nella storia dell’arte poiché pone le basi per il Manierismo.

Tra le opere di Raffaello spiccano, invece, il Ritratto di Elisabetta Gonzaga (duchessa di Urbino), la magnifica Madonna col Bambino e San Giovannino detta “Madonna del Cardellino” ed i Ritratti di Agnolo e Maddalena Doni. Agnolo, lo stesso che commissionò a Michelangelo il Tondo Doni, era un ricco mercante di stoffe, esponente di spicco dell’alta borghesia fiorentina, sposato con l’aristocratica Maddalena Strozzi.

I ritratti dei coniugi Doni formavano un dittico tenuto insieme da una “incorniciatura a sportello” che permetteva la visione di entrambi i versi delle due tele. Infatti sul retro di quella raffigurante Agnolo c’è il Diluvio degli Dei, mentre sul retro di quello raffigurante Maddalena c’è rinascita dell’umanità grazie a Deucalione e Pirra. Si tratta di scene tratte dalle Metamorfosi di Ovidio attribuite ad un collaboratore del giovane Raffaello.

VISITARE LA GALLERIA DEGLI UFFIZI: IL PRIMO PIANO

Tornando indietro, tra le sale dedicate a Leonardo e Michelangelo, si trova lo scalone Buontalenti che conduce alle sale del primo piano. Qui si possono ammirare, tra le altre, le opere del Correggio, del Parmigianino e del Bronzino. Seguono poi le sale dedicate a Tiziano con Flora e la splendida Venere di Ubino, una delle opere più celebri del pittore. In questa tela Tiziano conferma il suo straordinario talento nel conferire intensità e carattere ai personaggi, nonché una sapienza ineguagliabile nel restituire la morbidezza degli incarnati e le qualità dei materiali.

Successivamente si trovano le intense rappresentazioni di Giuditta decapita Oloferne e S. Maria Maddalena, entrambe di Artemisia Gentileschi.

È poi la volta delle opere di uno degli artisti italiani più tormentati ed iconici, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio. In particolare si possono ammirare lo Scudo con testa di Medusa, Il sacrificio di Isacco e Bacco.

La visita alla Galleria termina con alcune sale dedicate ad artisti stranieri come Rembrandt, Rubens e Van Dick. Una delle mie opere preferite si trova, invece, nella sala chiamata “Lume di Notte”, si tratta dell’​​​​​​​Adorazione del Bambino di Gerrit van Honthorst, noto in Italia come Gherardo delle Notti.

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L’artista conobbe Caravaggio a Roma, nei primi anni del Seicento, e ne rimase fortemente influenzato. In quest’opera, l’uso magistrale del colore, fa sì che il Bambino emani una luce divina capace di rendere tutto dolce e soffuso, accarezzando in particolare il volto della Vergine. San Giuseppe si appoggia al suo bastone contemplando il Bambino con un’espressione mista di amore e gioia. Lo sguardo dei due angioletti è colmo di umanissima commozione, i loro sorrisi sono spontanei come quelli di bambini ritratti dal vero.

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L’ABBAZIA DI CASAMARI

L’abbazia di Casamari si trova nel comune di Veroli, in provincia di Frosinone, ed è uno dei più importanti esempi di architettura gotica cistercense in Italia.

Il nome Casamari deriva dal latino e significa “Casa di Mario”. Il riferimento è a Gaio Mario, celebre condottiero e console romano il cui nome è ricordato anche dalla strada lungo la quale sorge l’abbazia: via Mària, appunto!

CASAMARI: UN PO’ DI STORIA

L’abbazia venne edificata sulle rovine di un antico municipio romano chiamato Cereatae e dedicato alla dea Cerere. Con la decadenza di Roma e le successive invasioni barbariche anche Cereatae cadde in stato di abbandono, fino a quando i monaci benedettini, nell’XI secolo, vi si stabilirono e fondarono l’abbazia.

Dal tempo della sua fondazione ad oggi, l’abbazia ha vissuto vicende alterne.

Ai Benedettini seguirono i Cistercensi e poi i Trappisti, mentre periodi di splendore e declino si susseguirono nel corso dei secoli.

L’abbazia di Casamari ha una ricca e prestigiosa biblioteca alla cui realizzazione contribuirono tanto i Benedettini quanto i Cistercensi. Tuttavia fu proprio l’arrivo dei Trappisti, nel 1717, che segnò la rifioritura della biblioteca e, più in generale, della vita culturale nell’abbazia.

Seguendo le orme degli antichi amanuensi medievali, i monaci Trappisti copiarono molti libri liturgici e compilarono interessanti cronache del monastero del ‘700 e dell”800, molte delle quali conservate nell’archivio.

Attualmente i circa 70.000 libri conservati a Casamari sono sistemati nell’antico refettorio dei fratelli conversi, un’enorme salone lungo 25 metri, largo 10 e alto 30, e nei locali un tempo occupati dal molino e dal frantoio.

ARCHITETTURA

Dal punto di vista architettonico l’abbazia di Casamari ricorda i monasteri francesi, ispirandosi ai canoni della semplicità e funzionalità, propri dell’ordine dei Cistercensi. L’intero complesso appare magnificamente austero e, proprio grazie alla pietra chiara e spoglia che riveste l’interno, è in grado di generare un senso di pace e perfezione.

L’abbazia è a tre navate, con abside e transetto, interamente costruita in pietra lavorata, senza stucchi decorativi né opere pittoriche che possano distogliere l’animo dei fedeli dalla contemplazione del divino.

Infine tutto è perfettamente illuminato dalla luce del sole che filtra attraverso le vetrate di alabastro.

LE ATTIVITA’ DELL’ABBAZIA

La comunità di monaci che ancora oggi vive nell’abbazia si occupa di varie attività tra cui: l’insegnamento – presso l’Istituto San Bernardo, fondato nel 1898 internamente all’abbazia -, il restauro di antichi manoscritti, la gestione della biblioteca, del museo, della farmacia e della liquoreria.

Queste ultime devono la loro origine all’uso, presso i Cistercensi, di preparare erbe e pozioni a scopo terapeutico da usare tra gli stessi monaci, ma anche per i pellegrini e per quanti altri bussassero alla porta del monastero.

La farmacia di Casamari risale al 1760 ed è composta da un hortus botanicus e da un armarium pigmentariorum. La liquoreria, invece, è stata ideata fra il ‘700 e l’800.

Il museo, infine, si trova nella parte opposta alla chiesa partendo dal chiostro. Tra i reperti ospitati nelle sue sale duecentesche spicca una zanna di  Mammuthus meridionalis (sorta di mammuth nano presente in Italia durante l’era glaciale), oltre ad alcuni reperti di epoca romana.

L’abbazia offre ospitalità ai pellegrini di passaggio sul Cammino di San Benedetto e sulla Via Francigena.

UN GIORNO A SIENA – COSA VISITARE

Siena è un luogo ricco di arte e storia, tanto da essere una delle città più amate e visitate della Toscana.

Un giorno non basta per scoprire le mille sfumature di Siena, ne tanto meno per visitarne tutti i tesori. Tuttavia, con un po’ di organizzazione, in una giornata potrai riuscire a vedere i luoghi simbolo della città, il cui fascino ti farà ripartire con la voglia di tornare il prima possibile.

Ecco dunque cosa visitare a Siena in un giorno.

SIENA: PIAZZA DEL CAMPO

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Piazza del Campo è il teatro dell’evento che ha contribuito a rendere Siena famosa in tutto il mondo: il Palio, che si svolge ogni 2 Luglio e 16 Agosto. La Piazza, grazie alla sua particolare forma a conchiglia ed al tipico color mattone, dato dalla pavimentazione e dal rivestimento dei palazzi circostanti, è davvero unica ed inconfondibile.

La piazza è decorata dalla Fonte Gaia, la più grande fontana cittadina. Quella che vediamo oggi è una copia dell’opera di Jacopo della Quercia realizzata in marmo di Carrara, molto più resistente dell’originale fatta di marmo della Montagnola Senese.

Tra gli edifici che si affacciano sulla Piazza ci sono la Torre del Mangia ed il Palazzo Comunale che ospita il Museo Civico. Tra i capolavori esposti nel museo spiccano la bellissima Maestà di Simone Martini ed il Buono e Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti.

LA TORRE DEL MANGIA

Restando in Piazza del Campo si può visitare la Torre del  Mangia. La torre civica, alta 87 metri, offre uno dei panorami più belli della città. La salita è un po’ faticosa (oltre 400 scalini!), ma la vista in cima è a dir poco spettacolare!

PIAZZA DEL DUOMO

Prosegui la visita della città spostandoti verso Piazza del Duomo. Qui potrai ammirare alcuni tra i luoghi più belli di Siena, che vale davvero la pena di vedere: il Duomo, la Cripta e la Libreria Piccolomini.

IL DUOMO DI SIENA

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Il Duomo di Siena, noto anche come Cattedrale di Santa Maria Assunta, è uno degli esempi più notevoli di stile romanico-gotico italiano. Alla sua realizzazione hanno partecipato artisti come Donatello, Nicola Pisano, Michelangelo e Pinturicchio.

Sia l’interno che l’esterno di questo imponente edificio sono decorati con marmo bianco e verde scuro, quasi nero, ovvero i colori rappresentativi di Siena.

Una delle cose più belle della Cattedrale è il suo pavimento: 56 riquadri che rappresentano altrettante scene incise ed intagliate nel marmo. I mosaici più preziosi sono coperti per la maggior parte dell’anno per preservarli dall’usura. Tuttavia, trovandoti a Siena in occasione del Palio o tra la fine di agosto ed ottobre, avrai la possibilità di vedere il pavimento interamente svelato.

LA CRIPTA

Si trova sotto il Duomo e conserva degli straordinari affreschi di scuola senese risalenti al XIII secolo che rappresentano scene tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.

LA LIBRERIA PICCOLOMINI

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E’ un piccolo gioiello da visitare assolutamente. La libreria è dedicata a Papa Pio II e ciò che colpisce di più è la ricchezza dei suoi affreschi realizzati, all’inizio del 1500, da Pinturicchio e dai suoi allievi, tra i quali Raffaello Sanzio.

Sulle pareti sono rappresentate scene della vita del pontefice, mentre il soffitto è letteralmente splendente per  l’abbondante uso del color oro.

IL BATTISTERO DI SIENA

Il Battistero, intitolato a San Giovanni, è stato costruito nel 1300, in occasione dell’ampliamento del Duomo. L’interno è magnificamente decorato con un ciclo di affreschi di artisti senesi del Rinascimento. Tuttavia il capolavoro più prezioso che il Battistero custodisce è sicuramente la splendida Fonte Battesimale a cui lavorarono alcuni dei maggiori scultori del Rinascimento come: Jacopo della Quercia, Lorenzo Ghiberti e Donatello.

IL MUSEO DELL’OPERA DEL DUOMO

E’ uno dei più antichi musei privati in Italia e si trova nella navata destra della Cattedrale.

Qui si possono ammirare le statue trecentesche originali della facciata del Duomo, tra cui quelle realizzate da Giovanni Pisano, la vetrata dell’abside di Duccio da Buoninsegna ed uno dei maggiori capolavori di Buoninsegna e del primo Trecento: la pala della Maestà.

Dal tetto, invece, si può godere di una splendida vista sulla città.

SANTA MARIA DELLA SCALA

Si trova proprio di fronte al Duomo, ospita un notevole patrimonio artistico ed è sede di esposizioni temporanee. Questo complesso fu uno dei più antichi ospedali d’Europa, dove venivano accolti i pellegrini (siamo lungo la Via Francigena!) ed aiutati i poveri ed i bambini abbandonati.

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SCANNO – COSA VISITARE IN UN GIORNO

Scanno è un bellissimo paesino abruzzese annoverato tra i borghi più belli d’Italia.

Sorge su un pendio della Montagna Grande, tra il monte Genzana ed il monte Marsicano, ed è immerso nello splendido scenario naturale costituito dal vicino Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Conosciuta sia per il suo centro storico che per il suo lago a forma di cuore, Scanno è una meta imperdibile per chiunque si trovi a fare un tour dell’Abruzzo.

IL BORGO DI SCANNO

Il borgo è costituito da un susseguirsi pittoresco di case, strade, scalinate, pizzette, archi e chiese.

Una particolarità di Scanno, infatti, è proprio l’elevato numero di chiese. Se ne contano ben 15! Un numero impressionante se si considera che stiamo parlando di un borgo di circa 1700 abitanti.

Infatti, ammirando Scanno da uno dei vari punti panoramici, si notano subito sia il modo “ordinato” in cui è disposto il paese, sia i tanti campanili che svettano sull’agglomerato delle case.   

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L’ingresso del paese è dominato dalla grande chiesa di Santa Maria della Valle che, sebbene risalga al XII secolo, si mostra oggi con il suo aspetto cinquecentesco.

Poco distante da Santa Maria della Valle c’è la fontana Saracco che, per secoli, è stata la fontana principale del paese ed è caratterizzata da due grandi nicchie. Quella destra, datata 1549, è dotata di quattro cannelle che fuoriescono dalla bocca di altrettanti mascheroni antropomorfi che rappresentano, da sinistra verso destra, il re, la regina, il giullare ed il cappuccino.

Il palazzo davanti alla fontana Saracco in passato è stato la sede della reale caserma dei carabinieri e proprio qui si concluse, nel 1870, il fenomeno del brigantaggio in Abruzzo con la cattura di Croce di Tola, conosciuto come il Crucitto.

SCANNO E LA FOTOGRAFIA

Scanno è nota come “la città dei fotografi” perché, lungo tutto il Novecento, i suoi scorci e la sua gente sono stati immortalati dagli scatti realizzati da Hilde Lotz-Bauer, Henri Cartier-Bresson, Mario Giacomelli, Renzo Tortelli, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Mario Cresci e molti altri.

Nel 1964 una fotografia scattata a Scanno da Mario Giacomelli, conosciuta come “Il bambino di Scanno”, è entrata a far parte della collezione permanente di opere fotografiche del Museum of Modern Art di New York.

LA PRESENTOSA

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Molti aspetti della tradizione di Scanno sono sopravvissuti allo scorrere del tempo giungendo fino ad oggi.

Innanzitutto la Presentosa.

Si tratta di un gioiello di origine settecentesca, un vero e proprio capolavoro di arte orafa che venne descritto così da Gabriele D’Annunzio nel “Trionfo della morte”:

“Portava agli orecchi due grevi cerchi d’oro e sul petto la Presentosa: una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori.”

La Presentosa, infatti, è una grande stella di filigrana che, quasi sempre, ha al centro uno o due cuori.

Pare che la realizzazione del gioiello sia stata ispirata dal magnifico rosone di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.

La Presentosa è nata come un pegno di fedeltà dell’uomo nei confronti dell’amata, poi divenne simbolo di accettazione ed accoglienza da parte della famiglia del marito nei confronti della sposa, oggi è spesso accostata a sentimenti di amicizia.

In ogni caso questo gioiello di innegabile raffinatezza era soprattutto un potente amuleto contro le avversità della vita, in grado di attirare le forze del male per avvilupparle nelle sue spire filigranate. Nessun malaugurio, secondo la tradizione, potrà mai vincere la forza della Presentosa!

IL LAGO DI SCANNO

Scanno è conosciuta anche per il suo lago a forma di cuore che dista circa 4 chilometri dal centro storico.

Il lago si è formato oltre 3000 anni fa in seguito ad una frana del monte Rava che, precipitando a valle, ha sbarrato il corso del fiume Tasso.

Trascorrere una giornata al lago di Scanno, soprattutto evitando i periodi di alta stagione, ti darà la possibilità di fare una piacevole passeggiata nella natura, prendere il sole su una delle sue spiaggette, noleggiare un pedalò o rilassarti in uno dei locali vicini alla riva.

In realtà il lago di Scanno ha una forma allungata, ma c’è un particolare punto di osservazione in cui, per un gioco prospettico, assume la celebre forma di cuore.

Il nome “sentiero del cuore” identifica sia il sentiero che parte dal centro storico di Scanno, sia quello che parte dal lago. Entrambi si incontrano all’eremo di Sant’Egidio e continuano poi fino al punto panoramico.

L’eremo è un piccolo edificio in pietra, costruito sul culmine di una collina. Non si conosce la data precisa di fondazione dell’eremo di Sant’Egidio, ma si sa che nel 1612 era già esistente e veniva accudito da un eremita, come testimoniato dal vescovo Del Pezzo, che arrivò qui in visita.

LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL LAGO

Prima di lasciare Scanno ti consiglio di visitare la suggestiva chiesetta di Santa Maria del Lago che sorge a strapiombo sull’acqua.

Una doppia scalinata conduce all’ingresso della chiesa che si trova a cavallo di una strada che costeggia la montagna, mentre il suo altare è praticamente scavato nella roccia.

La costruzione della chiesa, che risale all’inizio del settecento, avvenne, infatti, sul luogo in cui gli scannesi avevano apposto un’icona della Madonna per invocarne la protezione durante il pericoloso transito della vicina strada che passava (e passa tuttora!) al di sotto di un grosso picco roccioso e che rappresentava l’unico collegamento con Sulmona.

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COSA VISITARE A LORETO

Loreto, immersa nella campagna marchigiana, è una splendida città la cui fama è strettamente legata al Santuario dove si conserva e si venera la Santa Casa della Vergine Maria.

Si tratta di un luogo che da secoli richiama pellegrini da tutto il mondo, tanto da essere stato definito da Giovanni Paolo II il “vero cuore mariano della cristianità”.

LA SANTA CASA DI LORETO

Con l’espressione “Santa Casa” si indica la casa di Nazareth in cui nacque, fu educata e ricevette l’Annuncio la Vergine Maria.

Ricerche storiche ed archeologiche hanno provato che la casa custodita a Loreto è proprio la Santa Casa.

La Casa era costituita da una camera in muratura composta da tre pareti in pietra poste a chiusura di una grotta scavata nella roccia. Oggi la grotta fa parte della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth, mentre le tre pareti di pietra sono quelle che si trovano a Loreto.

IL TRASPORTO “ANGELICO”

Ci sono essenzialmente due versioni su come la Casa sia stata trasferita da Nazareth fino alla città marchigiana.

La prima, legata alla tradizione cristiana, vuole che la Casa sia stata trasportata in volo dagli angeli.

La seconda, invece, attribuisce il merito del trasporto ai crociati che, espulsi dalla Terra Santa ad opera dei mussulmani, vollero salvare dalla distruzione la Casa di Maria.

Come spesso accade, la verità si trova nel mezzo!

Varie testimonianze storiche, infatti, vanno confermando l’ipotesi che le pareti della Santa Casa sono state trasportate in Italia su una nave, per iniziativa della nobile famiglia Angeli, che all’epoca regnava sull’Epiro.

Dunque la Casa è stata veramente trasportata dagli Angeli! Non si trattava, però, degli angeli alati della tradizione cristiana, ma di una nobile famiglia di devoti che si avvalse di una nave per il trasporto.

Un documento del 1294 attesta che Niceforo Angeli, despota dell’Epiro, quando sua figlia Ithamar andò in sposa a Filippo di Taranto, figlio del re di Napoli Carlo II d’Angiò, le diede in dote vari beni tra cui “le sante pietre portate via dalla Casa della Nostra Signora la Vergine Madre di Dio”.

IL SANTUARIO

Dalla metà del 1400, per proteggere la Santa Casa e per accogliere la crescente folla di pellegrini che ogni anno visitava la reliquia, iniziarono i lavori per la costruzione del santuario.

Il Santuario di Loreto è un bellissimo esempio di basilica fortificata, caratterizzata da torri, camminamenti di ronda, corpi di guardia e veri e propri sistemi difensivi.

L’attuale Basilica venne costruita, per volontà di Papa Paolo II, a partire dal 1469.

Alla sua realizzazione contribuirono molti artisti come: Giuliano da Sangallo, che creò la cupola di ispirazione brunelleschiana; Donato Bramante, che si adoperò per varie modifiche e consolidamenti e progettò il palazzo apostolico; e Luigi Vanvitelli, che terminò la costruzione dell’elegante campanile.

Tra le opere più pregevoli spicca il rivestimento marmoreo che avvolge le pareti della Santa Casa. Voluto da Giulio II e realizzato su disegno del Bramante, è considerato uno dei più grandi capolavori scultorei dell’arte rinascimentale.

Loreto richiama migliaia di persone ogni anno, non solo pellegrini cattolici, ma anche amanti dell’arte.

Questo grandioso santuario, infatti, rappresenta uno scrigno che contiene un inestimabile tesoro, una vera e propria antologia d’arte sacra che raccoglie capolavori di architettura, scultura e pittura.

COSA VISITARE A LORETO (OLTRE IL SANTUARIO!)

Oltre ad una visita al Santuario, ecco alcuni suggerimenti su cosa da fare a Loreto.

Visitare il Museo Pontificio

Il Museo, che si trova nei piani superiori del braccio occidentale del Palazzo Apostolico, ospita opere di altissimo valore artistico, storico e culturale. Le raccolte del Museo iniziarono a formarsi alla fine del secolo XIX, in coincidenza con i lavori di ristrutturazione della Basilica, quando vennero raccolti nelle sale del lato occidentale del Palazzo Apostolico, dipinti, oggetti ed arredi provenienti dal Santuario.

Le sale del museo ospitano opere di Lorenzo Lotto, Cesare Maccari, Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio, oltre che gli arazzi sui cartoni di Raffello Sanzio, numerose maioliche dell’antica Spezieria, corredi d’altare e opere di artisti novecenteschi.

Percorrere glia antichi camminamenti di ronda di Loreto

I camminamenti di ronda furono commissionati nel 1485 dal cardinale Girolamo Basso della Rovere per proteggere la Basilica (ed i suoi tesori!) dalle incursioni dei pirati turchi, che avevano già raso al suolo alcune cittadine della zona costiera.

I camminamenti di ronda del Santuario di Loreto sono un tipico esempio di architettura rinascimentale, in grado di coniugare le esigenze difensive alla ricercatezza delle forme.

Infine, si tratta anche di un punto di osservazione privilegiato da cui godersi uno splendido panorama che spazia dal mare al Monte Conero, fino all’Appennino umbro-marchigiano.  

Le visite guidate ai camminamenti di ronda durano circa 45 minuti e sono disponibili, solo su prenotazione, nei seguenti giorni e orari:

Da Lunedì a Sabato: 10:30/12.30 – 15/16

Domenica: 10/11:30 – 15/16

La biglietteria si trova in piazza della Madonna, a Nord del Palazzo Apostolico.

Il biglietto per i camminamenti di ronda è di 6 euro.

Il biglietto complessivo Museo, mostra e camminamenti è di 10 euro.

Ammirare le opere dei “Madonnari”

I madonnari sono artisti di strada che devono il loro nome alle immagini, soprattutto sacre e principalmente Madonne, che sono soliti disegnare.

Nella piazza del Santuario, nei pressi della fontana creata da Carlo Maderno nel 1600, è sempre possibile ammirare l’opera, fatta con gesso colorato, di qualche madonnaro.

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COSA VEDERE AD URBINO IN UN GIORNO

Sono stata ad Urbino nel mio ultimo viaggio nelle Marche ed è stata una bellissima scoperta!

Camminare nel suo centro storico significa assistere ad un susseguirsi di vicoli, chiese, imponenti edifici ricoperti da mattoni rossi e punti panoramici che si aprono improvvisamente su un paesaggio che infonde quiete ed armonia.

Urbino sembra sospesa tra passato e presente.

Da una parte, infatti, è stata la città natale di Raffaello e la culla del Rinascimento italiano, ma dall’altra è anche una moderna città universitaria.

In questo articolo ti racconto cosa vedere ad Urbino in un giorno, ma partiamo dal presupposto che un giorno può bastare solo per conoscere l’essenziale!

C’è bisogno di molto più tempo per apprezzare a pieno le mille sfumature di questa splendida città!

IL PALAZZO DUCALE DI URBINO

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Fonte: Pixabay

“Chi arrivi a Urbino ignaro e della sua storia e della sua importanza si trova di fronte a una sorpresa straordinaria, anzi a un miracolo. Nel giuoco delle colline che sopportano le strade d’accesso ecco che appare un palazzo fatato che il tempo non ha sfregiato né intaccato. È un salto indietro nel tempo, un tuffo nella purezza e nella libertà dello spirito.”

Carlo Bo

Il palazzo, voluto dal Duca di Urbino Federico da Montefeltro, venne costruito nel corso del XV secolo.

I tre architetti che ebbero il merito di rendere questo edificio uno dei palazzi più belli dell’epoca rinascimentale furono: il fiorentino Maso di Bartolomeo, il dalmata Luciano Laurana e il senese Francesco di Giorgio Martini.

Fu grazie a loro che il palazzo divenne una costruzione di straordinaria raffinatezza decorativa, di eccezionale bellezza, di grandissima comodità; un “palazzo in forma di città” in grado di accogliere centinaia di persone.

Nel corso del XVI secolo, con il passaggio del Ducato alla dinastia Della Rovere, il palazzo subì nuovi ampliamenti e modifiche, con l’aggiunta del secondo piano nobile, il cosiddetto “Appartamento roveresco”.

A partire dal 1631, con la devoluzione del ducato alla Santa Sede, il palazzo dovette subire un lento processo di spoliazione e degrado che terminò solo nel 1912 quando divenne la sede della Galleria Nazionale delle Marche.

LA GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE

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Attualmente la Galleria occupa tutte le sale finora recuperate del Palazzo Ducale al primo e secondo piano, per un totale di circa 80 ambienti.

Vi sono esposti dipinti su tavola e su tela, affreschi, sculture in pietra e in terracotta, sculture lignee policrome e dorate, legni intarsiati, mobili, arazzi, disegni e incisioni: tutte opere risalenti ad un periodo compreso tra il Trecento e il Seicento.

La visita ha inizio dal Cortile d’Onore, il cuore del Palazzo, contornato sui quattro lati da un portico ad archi. Dal Cortile si accede ad una serie di ambienti suggestivi come: la Biblioteca del Duca, la Sala dei Banchetti e le due cappelline private.

Salendo il monumentale Scalone d’Onore si raggiunge il primo piano nobile, diviso in cinque appartamenti: Appartamento della Jole, dei Melaranci, degli Ospiti, del Duca, e della Duchessa; oltre a varie Sale di Rappresentanza.

Nell’appartamento del Duca, ed in particolare nel suo Studiolo, si entra completamente nel mondo rinascimentale di Federico da Montefeltro.

Per informazioni su orari e biglietti visita il sito urbinoducale.it

LA CASA NATALE DI RAFFAELLO SANZIO

Raffaello nacque ad Urbino il 28 marzo dell’anno 1483.

Nella formazione del pittore fu determinate il fatto di essere nato e di aver trascorso la giovinezza nella città marchigiana. Urbino, infatti, in quel periodo era un centro artistico di grande importanza; un faro che illuminava l’Italia e l’Europa con gli ideali del Rinascimento.

Dopo la morte di Raffaello, avvenuta a Roma nel 1520, la sua casa natale venne acquistata dall’architetto Muzzio Oddi e, nel corso dei secoli, ha conosciuto varie vicende fino a quando nel 1873 venne acquistata dall’Accademia Raffaello.

Proprio grazie all’interesse dell’Accademia, la casa si è arricchita nel tempo di numerose opere d’arte come: dipinti, sculture, arredi lignei e ceramiche.

Alcuni di questi oggetti sono strettamente connessi a Raffaello, altri documentano la ricca storia urbinate in campo artistico, civile e religioso; altri, infine, costituiscono diretta testimonianza del mito che in varie epoche ha accompagnato la figura di Raffaello.

IL DUOMO DI URBINO

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Il Duomo è dedicato a Santa Maria Assunta.

Fondato nel 1021, in sostituzione di una precedente chiesa fuori le mura, fu poi ricostruito nel XV secolo su istanza di Federico da Montefeltro, secondo un progetto semplicissimo e spoglio, a tre navate su piloni bianchi. L’edificio, terminato nel 1604, andò perduto con il terremoto del 12 gennaio 1789.

Gli urbinati affidarono la ricostruzione all’architetto romano Giuseppe Valadier, che concluse l’edificio nel 1801.

Il raffinato interno è un bell’esempio di stile neoclassico: a croce latina, con tre navate bianche coperte da volta a botte, coronato, all’incrocio del transetto, da una maestosa cupola.

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IL CASTELLO DI GRADARA

Gradara è uno splendido borgo marchigiano noto soprattutto per aver fatto da cornice alla storia d’amore di Paolo e Francesca.

Grazie alla sua fortunata posizione, fin dall’antichità, fu un crocevia di genti e traffici commerciali.

Mentre, durante il medioevo, fu uno dei principali teatri degli scontri tra il Papato e le Casate marchigiane e romagnole.

Ai nostri giorni, invece, Gradara è considerato uno dei borghi più belli d’Italia.

La sua bellezza è dovuta ad un particolare mix di elementi.

Innanzitutto c’è il borgo medievale, perfettamente conservato.

Poi c’è il paesaggio, con le armoniose colline dell’entroterra marchigiano.

Infine c’è il fascino senza tempo di una delle storie d’amore più tormentate e celebri della storia.

LA ROCCA MALATESTIANA DI GRADARA

La storia di Gradara è legata a quella della sua Rocca che si erge in una posizione strategica, proprio al confine tra Marche ed Emilia Romagna.

È un luogo ricco di storia in cui tutto ricorda gli splendori delle potenti famiglie che vi abitarono: i Malatesta, gli Sforza e i Della Rovere.

La costruzione ebbe inizio nel XII secolo per volontà di Pietro e Ridolfo De Grifo che avevano usurpato la zona al comune di Pesaro. Successivamente Malatesta da Verucchio, con l’aiuto del papato, si impossessò della torre dei De Grifo e la trasformò nel mastio della attuale Rocca.

Fu proprio durante il periodo in cui governarono i Malatesta che si consumò la tragedia di Paolo e Francesca. Era il settembre 1289.

Successivamente arrivarono gli Sforza.

Nel 1494, la quattordicenne Lucrezia Borgia, seconda moglie di Giovanni Sforza, fu condotta alla Rocca dove trascorse i pochi anni del suo primo matrimonio.

Lucrezia, passata alla storia come una creatura perversa e corrotta, molto probabilmente non fu altro che una pedina delle mani del padre, Papa Alessandro VI, e del fratello, Cesare Borgia detto il Valentino. I matrimoni della giovane furono degli strumenti politici che il padre ed il fratello usarono per stringere nuove alleanze.

Dunque, quando la situazione cambiò sulla scacchiera politica italiana, il Papa sciolse il matrimonio tra Lucrezia e Giovanni Sforza ed anche la Rocca cambiò Signore, passando proprio a Cesare Borgia.

Successivamente arrivarono i Della Rovere.

Nel frattempo, infatti, era salito al soglio pontificio Giulio II (al secolo Giuliano Della Rovere) che affidò Gradara al nipote Francesco Maria II.

Dopo la morte di Livia Farnese, vedova del Della Rovere, la Rocca venne amministrata dal papato che la concesse in enfiteusi al conte Santinelli.

Da allora la Rocca cambiò molte volte proprietario fino a quando, nel 1920, fu acquistata dall’ingegnere Umberto Zanvettori per la somma di tre milioni di lire.

Il nuovo proprietario avviò un delicato progetto di restauro grazie al quale la Rocca conserva ancora oggi tutto il suo fascino.

PAOLO E FRANCESCA

La vicenda di Paolo e Francesca è molto lacunosa sotto il profilo storico.

Sappiamo che si tratta di personaggi realmente esistiti, ma non ci sono concrete informazioni biografiche. Quelle che abbondano, invece, sono le versioni letterarie.

Dante, Boccaccio, Petrarca e D’Annunzio hanno arricchito la narrazione con particolari di grande fascino, confondendo ancor di più storia e leggenda.

Era il 1275 quando Guido da Polenta, Signore di Ravenna e Cervia, decise di dare in sposa sua figlia Francesca a Giovanni Malatesta.

Giovanni, detto Giangiotto, oltre ad essere zoppo, pare che non fosse molto avvenente e, per evitare che Francesca, vedendo il futuro sposo, si opponesse al matrimonio, fu ordito un vero e proprio inganno.

Alla ragazza venne presentato Paolo, l’affascinante fratello di Giangiotto nonché suo procuratore. Francesca lo sposò senza esitazione e quando capì che Paolo, in realtà, agiva in nome e per conto del fratello, era ormai troppo tardi.

Tuttavia tra Francesca e Paolo era nato qualcosa, poiché neanche il giovane era rimasto indifferente al fascino della cognata.

I due iniziarono quindi ad incontrarsi clandestinamente. Qualcuno, forse Malatestino dell’Occhio (un altro fratello di Paolo e Giangiotto) si accorse di ciò che stava accadendo ed informò del fatto il marito tradito.

Si arrivò così, in un giorno di settembre del 1289, al tragico epilogo della vicenda.

Giangiotto scoprì i due amanti e fu preso da un accesso d’ira.

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Paolo cercò di fuggire passando da una botola che si trovava vicino alla porta, ma il suo mantello restò impigliato ad un chiodo, costringendolo a tornare indietro. Mentre Giangiotto lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo ma… Giangiotto li uccise entrambi.

“Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense”

Dante Alighieri, Inferno –V Canto

VISITARE GRADARA

Oltre a visitare la Rocca, per immergerti ancora di più nell’atmosfera medievale di Gradara, è possibile percorrere i Camminamenti di Ronda che si trovano sull’imponente cinta muraria che circonda il borgo.

Da qui si può godere dello splendido panorama offerto dalle dolci colline marchigiane e dal blu dell’Adriatico, lungo la costa romagnola.

La Rocca di Gradara è aperta tutti i giorni dalle ore 8.30 alle 19.00

E’ possibile acquistare un biglietto unico che comprende sia la Rocca che i Camminamenti di ronda.

Per maggiori informazioni sui biglietti si può visitare il sito gradara.org.

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IL COLOSSEO SOTTO LA LUNA

Il Colosseo sotto la luna: un viaggio notturno tra i sotterranei e l’arena dell’anfiteatro più famoso del mondo.

Una suggestiva visita guidata dell’Anfiteatro Flavio al chiaro di luna.

I visitatori, avvolti dalla magica atmosfera notturna, potranno viaggiare in dietro nel tempo e scoprire la storia del monumento. Sia quella più nota, risalente ai fasti dell’antica Roma, ma anche quella cristiana, meno conosciuta ma ugualmente affascinante.

UN PO’ DI STORIA

“Ogni opera cede dinanzi all’Anfiteatro dei Cesari, la fama parlerà ormai d’una sola opera al posto di tutte”

Marziale, Liber de spectaculis

Originariamente era noto come Anfiteatro Flavio o semplicemente Anfiteatro.

Il nome “Colosseo” si diffuse solo nel Medioevo. Probabilmente a causa di una deformazione popolare dell’aggettivo latino “colosseum”, del resto non c’è da stupirsi che apparisse enorme, soprattutto se confrontato col le casette che c’erano a Roma nell’Alto Medioevo!

Si tratta del più grande anfiteatro romano del mondo, nonché del più imponente monumento dell’antica Roma che sia giunto fino a noi.

Nel 1980 fu inserito nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, assieme all’intero centro storico di Roma, alle zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia ed alla Basilica di San Paolo fuori le mura.

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L’anfiteatro fu edificato in epoca Flavia su un’area al limite orientale del Foro Romano.

La sua costruzione, iniziata da Vespasiano nel 70 d.C., fu conclusa da Tito, che lo inaugurò il 21 Aprile nell’80 d.C. Ulteriori modifiche vennero apportate durante l’impero di Domiziano, nel 90.

Anticamente era usato per mettere in scena varie tipologie di spettacoli come: le lotte tra gladiatori, spettacoli di caccia, battaglie navali, rievocazioni di battaglie famose e drammi basati sulla mitologia classica.

IL COLOSSEO DOPO LA FINE DELL’IMPERO ROMANO

Finiti i fasti della Roma imperiale, il Colosseo conobbe un lunghissimo periodo di abbandono.

Nel VI secolo fu usato come area di sepoltura.

Tra il VI e il VII secolo fu fondata al suo interno una cappella oggi nota come chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo.

Sotto papa Leone IV fu gravemente danneggiato da un terremoto, mentre il grande terremoto del 1349 provocò il crollo del lato sud, costruito su un terreno alluvionale instabile.

A lungo fu utilizzato come fonte di materiale edilizio e nel XIII secolo fu occupato dal palazzo dei Frangipane, successivamente demolito, e poi da altre abitazioni.

Papa Benedetto XIV, nel 1744, emanò un editto con cui ordinò la fine delle spoliazioni e fece costruire le quattordici edicole della Via Crucis. Pochi anni dopo, lo stesso papa, dichiarò il Colosseo chiesa consacrata a Cristo e ai martiri cristiani.

Nel corso dell’Ottocento e del Novecento si susseguirono vari interventi di restauro.

Nel 2007 il complesso è stato inserito fra le “Sette meraviglie del mondo moderno”.

IL COLOSSEO SOTTO LA LUNA: LA VISITA

Il percorso guidato accompagna i visitatori attraverso il dedalo di gallerie e passaggi, un tempo popolati da gladiatori e belve feroci, in cui si svolgevano i preparativi degli spettacoli.

Si tratta dell’antico “backstage” del Colosseo, la “macchina da spettacolo” più famosa della storia.  

In questi luoghi erano stoccati i materiali scenici e gli animali chiusi in gabbia venivano caricati sui montacarichi per raggiungere il piano dell’arena, dove avevano luogo le venationes, le simulazioni di caccia,  e i munera, i giochi tra i gladiatori.

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Fonte: Pixabay

Percorrendo una passerella di circa 170 metri si possono attraversare le viscere del monumento e, con il favore della notte, si potrà rivivere appieno l’atmosfera che avvolgeva quel luogo mitico.

IL VELO DIPINTO

Quest’anno nel percorso di visita si inserisce anche la lettura multimediale di un dipinto murario del XVII secolo che raffigura una veduta ideale (a volo d’uccello) della città di Gerusalemme.

Il dipinto è posto a 8 metri d’altezza, proprio sull’arco di fondo della Porta Trionfale: la stessa dalla quale entravano i gladiatori e le belve che si affrontavano sull’arena.

I racconti del Vecchio e Nuovo Testamento rappresentati nel dipinto sono messi in luce da una selezione di 22 scene dell’opera, in dialogo con  l’incisione di Antonio Tempesta del 1601. 

Si tratta di un’esperienza immersiva.

La fioca luce della sera ed il ritmo della narrazione consentono di rivivere gli eventi rappresentati nel dipinto come: le vicende della Passione e Resurrezione di Gesù o la stella cometa premonitrice della distruzione di Gerusalemme.

Il dipinto di Gerusalemme ricorda l’importanza dell’Anfiteatro Flavio anche dopo la fine dell’impero romano. In particolare da quando, nel 1750, per volontà di Papa Benedetto XIV, è diventato sede della tradizionale Via Crucis.

La visita rievoca, infatti, la tradizionale cerimonia, passando davanti a una delle edicole e alla croce, poste lungo il perimetro dell’arena, per poi concludersi con uno sguardo a 360° sulla articolata struttura dei sotterranei e sull’immensità degli spalti, capaci di accogliere più di 60.000 spettatori.

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TIVOLI E LE SUE VILLE

Tivoli è sempre stata una meta per aristocratici, artisti ed intellettuali di tutto il mondo.

Non a caso divenne una delle tappe italiane del Grand Tour.

In questo articolo andremo alla scoperta delle tre ville di Tivoli che, in un certo senso, rappresentano le tre diverse anime di questa città.

Villa Adriana è un gioiello dell’archeologia e conserva intatto il fascino dei fasti della Roma imperiale.

Villa d’Este, con i suoi “giardini all’italiana”, è un bellissimo esempio del nostro Rinascimento.

Infine c’è Villa Gregoriana, con la sua aria sublime e romantica.

ALLA SCOPERTA DELLE VILLE DI TIVOLI

VILLA ADRIANA

Fu costruita dall’imperatore Adriano tra il 118 ed il 138 d.c. su un’area di ben 120 ettari, oggi la zona visitabile è di circa 40!

Questa villa vastissima e straordinaria comprendeva edifici residenziali, terme, giardini, ninfei, templi e teatri. Tutto era magnificamente decorato con uno sfarzo ed una ricercatezza senza precedenti.

Il Canopo ed il Teatro marittimo sono in assoluto i luoghi che preferisco all’interno della Villa.

In entrambi è l’acqua che domina la scena e crea suggestioni uniche.

Il Canopo è una struttura che rievoca il braccio del Nilo che congiungeva l’omonima città di Canopo, appunto, con Alessandria.

Il Teatro marittimo, invece, è una delle prime strutture realizzate nel complesso della Villa e, probabilmente, fu anche residenza imperiale.

Infine una curiosità!

Hai mai fatto caso che in qualunque museo sia presente una “collezione Romana” c’è sempre un busto o una statua di un certo Antinoo? La prossima volta che capiti ai Musei Vaticani, al Prado o al Louvre, facci caso!

Antinoo era un giovane originario della Bitinia, ma soprattutto era l’amante dell’imperatore Adriano.

Morì prematuramente affogando nelle acque del Nilo in circostanze oscure.

Adriano, in preda al dolore, volle che l’immagine del suo amato fosse riprodotta ovunque.

In un certo senso volle renderlo immortale!

E, in effetti, l’imperatore riuscì nel suo intento. Ancora oggi, infatti, questo giovane turco ci guarda attraversare i corridoi dei più importanti musei del mondo!

TIVOLI: VILLA D’ESTE

Fu costruita per volontà del Cardinale Ippolito d’Este, figlio di Alfonso I e Lucrezia Borgia.

Papa Giulio III, per ringraziare Ippolito per il contributo alla sua elezione, lo nominò governatore a vita di Tivoli e del suo territorio.

Tuttavia, giunto a Tivoli, il Cardinale scoprì con orrore che avrebbe dovuto vivere in un vecchio convento malandato… lui che era abituato ai fasti di Roma e della sua corte a Ferrara!

Fu così che decise di trasformare il convento in una degna residenza!

L’ultimo proprietario privato della villa fu l’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este.

Poi l’intero complesso passò allo stato italiano e fu oggetto di importanti restauri sia nel primo che nel secondo dopoguerra.

Ciò che rende unica Villa d’Este è la straordinaria bellezza dei suoi giardini!

Un vero tripudio di fontane (2 sono opera del Bernini: “Il Bicchierone” e la “Cascata della Fontana dell’Organo”), ruscelli e specchi d’acqua che riflettono ad arte la bellezza del paesaggio, moltiplicandola all’infinito!

VILLA GREGORIANA

Papa Gregorio XVI, nel 1832, decise di promuovere una poderosa opera di ingegneria idraulica allo scopo di contenere le acque dell’Aniene ed evitarne le esondazioni.

Le acque del fiume furono incanalate artificialmente e diedero vita alla “Cascata Grande” che, con i suoi 120 metri di salto, è la seconda in Italia dopo quella delle Marmore.

Terminata quest’opera, il Papa creò il parco che, da subito, fu meta di intellettuali ed artisti che ne raccontarono la bellezza. Del resto Villa Gregoriana, con i suoi boschi, le antiche rovine, i sentieri, la cascata e le grotte,  incarnava esattamente l’estetica del sublime tanto amata dai Romantici.

La Villa, ormai di proprietà demaniale ed in stato di abbandono, venne data in concessione al FAI nel 2002 e riaperta al pubblico dal 2005.